Detriti, ostruzione, acqua e, soprattutto, fango. Se le piogge torrenziali sono cessate, le devastanti conseguenze dell’alluvione permangono sul territorio romagnolo, come hanno ampiamente mostrato le immagini diventate virali sui social negli ultimi giorni. E se la preoccupazione di cittadini e volontari accorsi è stata in prima istanza quella di mettere in salvo le vittime colpite, permane lo sconforto di fronte ai numerosi beni culturali danneggiati. Tra questi teatri, chiese, fondi librari, patrimoni archivistici, oltre ai numerosi depositi di ceramiche per cui questi territori sono noti. Ne abbiamo parlato con Mauro Felicori, Assessore alla cultura e al paesaggio della Regione Emilia-Romagna, alle prese con Governo e istituzioni per la gestione della situazione emergenziale. Il paesaggio umano di questi giorni è ancora meglio descritto dalle immagini della fotografa e artista Silvia Camporesi, intervenuta sul campo per documentare i fatti.
È passata una settimana dall’alluvione che ha devastato i territori della Romagna. Qual è attualmente la situazione?
Siamo in un momento di passaggio, tra pronto intervento e conta dei danni. La priorità è salvare le vite, poi togliere acqua e fango.
Cosa la impressiona in questo momento?
Mi sono reso conto che Faenza è la città dell’argilla, totalmente compatta. La città è ancora interamente coperta. Bisogna intervenire subito, il rischio è che si secchi e diventi come una colata di cemento armato. Come si vede nelle foto che ho pubblicato sui miei social, i volontari si sono affrettati a togliere il fango nella chiesa di San Francesco, liberando il chiostro, il cimitero…
Quali sono i beni culturali principalmente colpiti sul territorio?
Al Teatro Rossini di Lugo si è allagata tutta platea: molto compromessa la buca dell’orchestra e tutti i locali di servizio al piano -1, che continuano a tirare acqua ma poi a riempirsi nuovamente. A pensare che il teatro era stato inaugurato meno di un anno fa, dopo anni di restauro… Sempre a Lugo, siamo riusciti a contenere i danni arrecati al Museo Baracca, dell’aeronautica militare, mentre nella Biblioteca si è salvata tutta la parte antica, con danni limitati.
E per quanto riguarda Faenza?
A Faenza la situazione è molto più grave, fino a domenica le strade erano ancora piene di fango e di materia avariata, rendendo le vie impraticabili per la rimozione dell’immondizia. Danni anche al Cimitero, di grande valore, con un’edicola di Lucio Fontana. Allagato poi il deposito della Bottega Gatti, storica bottega di scultura che ha prodotto opere per grandi artisti come Ontani e Paladino). Stessa sorte per il Museo Zauli… Allagato, inoltre, tutto primo piano della biblioteca popolare, spazzata via la biblioteca per ragazzi.
Cosa può dirci dei musei interessati dall’alluvione?
È in pericolo la Casa Museo Fioravanti (dedicata all’omonimo architetto e sculture) a Sorrivoli, il rischio è che a causa di una frana la struttura scivoli a valle.
Quali sono stati i danni al patrimonio archivistico librario?
La situazione è molto grave a Forlì: la biblioteca diocesana, con quasi 2000 volumi storici, è stata totalmente sommersa dall’acqua. A quel punto, i libri sono stati tenuti volutamente nell’acqua con l’intenzione poi di congelarli direttamente ed evitare muffe (su questo passaggio la mobilitazione è in atto). Grossi danni sono stati registrati anche all’Archivio del Comune di Forlì.
Domenica scorsa si è svolto al Ministero della cultura un vertice dedicato all’emergenza. Quali sono stati i provvedimenti più urgenti da prendere e le considerazioni fatte?
È stato fatto un coordinamento sui beni da tutelare, i quali sono molto distribuiti, tra comuni, chiese, università, ecc. È stato fatto un primo stanziamento che riguarda le spese urgenti, come il pronto intervento che deve essere fatto dal personale esperto di salvataggio. Abbiamo pubblicato su internet dei consigli anche su come gestire patrimonio antropologico (fatto di lettere, foto e archivi) per le famiglie e le proprie biblioteche personali.
È soddisfatto dell’intervento del Ministero?
Noi come Regione ci siamo messi a disposizione, svolgendo un lavoro di coordinamento. Io stesso ho dialogato con frati, personale di salvataggio, con tutte le persone direttamente coinvolte nel disastro. La grande forza italiana e della nostra regione è la capacità di mobilitazione: gente che spala fango con l’acqua alla gola, eppure canta e non si arrende.
Quanto dovremmo aspettare per ritrovare una parvenza di normalità?
In superficie non ci vorrà molto… ora il problema è sotterraneo, con scantinati e piani -1 allagati.
La mobilitazione spontanea e di solidarietà è stata molto potente, colta soprattutto dalle generazioni più giovani che hanno dimostrato una sensibilità unica sul tema…
È vero, pensiamo che domenica ci sono stati oltre 2000 volontari venuti da fuori a Faenza ad aiutare. Li hanno chiamati “Angeli del fango”, come i ragazzi che affrontarono l’alluvione di Firenze del ’66… una situazione analoga sì, ma oggi parliamo di un territorio ben più esteso rispetto a quello che successe allora.
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