Archeologia preventiva: la Direzione Generale sfavorevole all’emendamento leghista

di - 3 Febbraio 2021

L’appello corale, lanciato da nove tra le associazioni italiane di archeologia e ripreso dai sindacati di settore e da Italia Nostra, è stato accolto dalla Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio, che ha espresso il suo parere sfavorevole rispetto all’emendamento riguardante l’archeologia preventiva, avanzato dalla Lega. «L’emendamento si pone in contraddizione con il Codice dei Beni culturali e con la Convenzione per la protezione del patrimonio archeologico (La Valletta) e non potrà portare, come auspicato dai proponenti, a uno snellimento delle procedure amministrative, ma al contrario a un aggravio di tempi e costi nella realizzazione dei lavori infrastrutturali», hanno dichiarato dalla Direzione Generale.

L’emendamento a firma Lega, per limitare l’archeologia preventiva

Avanzato dalla Lega e firmato da Silvana Andreina Comaroli, nell’emendamento al milleproroghe si richiedeva che «Per l’attuazione dei contratti disciplinati dal decreto Legislativo 18 aprile 2016 n. 50, i cui lavori non siano stati avviati alla data di entrata in vigore della presente disposizione e fino alla data del 31 dicembre 2025, la verifica preventiva dell’interesse archeologico, di cui all’articolo 25 comma 1 del, decreto Legislativo 18 aprile 2016 n. 50, è necessaria solo per le aree soggette a specifica tutela negli interventi urbanistici. Per i casi non ricompresi nel precedente periodo è sufficiente l’autocertificazione a firma di un progettista abilitato».

Mibact ha stilato un elenco di operatori abilitati alla redazione del documento di valutazione archeologica nel progetto di opera pubblica. Se a seguito di questa fase preliminare il soprintendente ravvisa l’esistenza di elementi archeologicamente significativi può richiedere una ulteriore fase di indagine. Nell’articolo citato, si stabilisce, che «Il soprintendente, qualora sulla base degli elementi trasmessi e delle ulteriori informazioni disponibili, ravvisi l’esistenza di un interesse archeologico nelle aree oggetto di progettazione, può richiedere motivatamente la procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico».

L’emendamento della Lega, in sostanza, vorrebbe limitare l’applicazione dell’articolo alle aree già sottoposte a specifica tutela. In effetti, se la ratio dell’emendamento è snellire le procedure, in realtà, come specificato dalla Direzione Generale, andrebbe solo a rallentare i lavori, considerando sto che lo scopo dell’archeologia preventiva è proprio quello di intervenire in una fase propedeutica alla realizzazione del progetto vero e proprio, non solo per proporre tutte le misure di salvaguardia necessarie alla tutela del bene archeologico ma anche per permettere di rimodulare il progetto a seconda degli esiti delle ricerche e delle analisi.

Numerose e importantissime sono le scoperte avvenute durante i lavori di costruzione di nuove strutture, come nel caso delle Metropolitane di Londra, Roma, Napoli e Atene. In Italia, tra gli esempi di sondaggi più sistematici, nel settore dell’archeologia preventiva, le ricerche che hanno preceduto i progetti per la realizzazione dell’Alta Velocità.

Sepoltura di un cavallo di epoca romana, nel cuore di Londra, 2006

Una mossa paradossale

Le associazioni di archeologia e beni culturali – NA – Associazione Nazionale Archeologi, API – Archeologi Pubblico Impiego, ARCHEOIMPRESE – Associazione delle imprese archeologiche, ASSOTECNICI – Associazione Nazionale dei Tecnici per il Patrimonio Culturale, CIA – Confederazione Italiana Archeologi, CNA – Confederazione Nazionale Artigianato e pmi, FAP – Federazione Archeologi Professionisti, LEGACOOP Produzione & Servizi, Mi Riconosci – hanno subito alzato la voce, inviando una lettera a Paola De Micheli, Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, e a Dario Franceschini, Ministro dei Beni Culturali e del Turismo.

«Il paradosso è che questo emendamento, lungi dall’accelerare i lavori pubblici, finirebbe col far ripiombare la disciplina di tutela nel vecchio “fermo cantieri”, quello sì esiziale per la speditezza dei lavori e con relativo aumento dei costi di realizzazione delle opere», si legge nella lettera (ma di paradossi la Lega ne mastica molti, come nel caso degli Argenti di Morgantina). «La proposta avanzata non tiene conto né della funzione dell’archeologia preventiva né delle ricadute negative di una sua sospensione non solo sulla tutela del patrimonio culturale, ma sulle stesse stazioni appaltanti e ditte esecutrici che vedrebbero lievitare in maniera incalcolabile costi e tempi di realizzazione delle opere».

E pronta anche la risposta della Direzione Generale: «La norma vigente mira a integrare le strategie di tutela del patrimonio culturali nelle politiche di trasformazione del territorio, intervenendo durante le prime fasi della progettazione (progetto di fattibilità)». Questa modalità consente infatti di intervenire, attraverso la modifica del progetto, prima che i lavori abbiano inizio.

«L’emendamento proposto porterebbe, in caso di rinvenimenti archeologici durante le attività di cantiere, ad applicare la procedura del “fermo lavori”, prevista prima dell’applicazione della legge sull’archeologia preventiva, bloccando per lungo tempo attività già avviate e facendo lievitare sia i tempi che i costi a carico del committente (e dunque spesso a carico della collettività, trattandosi di lavori pubblici) per consentire l’esecuzione delle modifiche al progetto o comunque l’esecuzione degli scavi archeologici. Si rassicura pertanto sulla tempestività delle iniziative intraprese in proposito da questa Direzione generale».

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