La Francia ha bloccato l’esportazione del Cristo deriso attribuito a Cimabue (1240, Firenze – 1302, Pisa) rinvenuto lo scorso settembre nella cucina di un’anziana signora a Compiègne, a nord di Parigi.
Il Cristo deriso è un dipinto su legno di piccole dimensioni, 25,8×20,3 cm, realizzato a tempera a uovo su fondo dorato ed è in ottimo stato di conservazione. Secondo i periti della Maison Turquin, che hanno confermato l’attribuzione a Cimabue, si tratta di uno degli otto pannelli di un grande dittico con la scene della Passione di Cristo. Dell’opera, databile al 1280, erano state finora recuperate solamente la Flagellazione (oggi alla Frick Collection di New York) e la Maestà con due angeli (ora alla National Gallery di Londra).
Stimata inizialmente tra i quattro e i sei milioni di euro, l’opera di Cimabue è stata battuta all’asta da Acteon lo scorso ottobre per 24 milioni di euro, stabilendo il record d’asta per un’opera medievale. Ad aggiudicarsela, due anonimi collezionisti statunitensi. Ma lo sciovinismo – questa volta giustificato – ha avuto la meglio, almeno per il momento. Dopo l’asta, lo Stato francese ha classificato il dipinto come tesoro nazionale, bloccandone l’esportazione.
A questo punto, per legge, hanno spiegato i maggiori organi di stampa, le autorità francesi hanno ora 30 mesi per trovare i 26 milioni necessari a ricomprare il quadro. Secondo il progetto del ministro della cultura francese, Franck Riester, il Cristo deriso dovrebbe essere destinato al Louvre, dove andrebbe ad affiancare la Maestà di Cimabue, conosciuta come Maestà del Louvre, lì conservata.
Un episodio simile è recentemente successo in Gran Bretagna. La National Gallery è riuscita ad aggiudicarsi all’asta un’opera di Orazio Gentileschi, grazie a una vasta raccolta fondi, che è arrivata ai 22 milioni di sterline necessari per l’acquisto, evitando l’esportazione. Il ministro Riester ha chiamato in causa il Louvre e non l’ha fatto certo per caso. Il museo di Parigi regalerà un Cimabue alla Francia? Vedremo.
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