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I Gessi dell’Emilia Romagna riconosciuti come Patrimonio Mondiale Unesco
Beni culturali
di redazione
I Gessi dell’Emilia-Romagna sono entrati a far parte come ecosistema nella lista del Patrimonio naturalistico dell’Umanità, sotto la dicitura Carsisimo evaporitico nelle grotte dell’Appennino settentrionale. Il sito comprende la Vena del Gesso romagnola, i Gessi bolognesi e di Zola Predosa, le Evaporiti di San Leo e la grotta di Onferno nel riminese, l’Alta valle del Secchia e la Bassa collina reggiana. Si tratta di aree accomunate dalla presenza di rocce che si sono formate nel corso dei millenni in seguito all’evaporazione delle acque marine che ricoprivano queste zone e alla concomitante concentrazione dei sali minerali tra cui, appunto, il gesso. L’area riconosciuta coincide con il territorio martoriato dal recente sisma e dalle alluvioni dello scorso maggio.
Gessi dell’Emilia-Romagna Patrimonio Unesco: l’iter della candidatura
Il Consiglio direttivo della Commissione nazionale italiana per l’Unesco ha deciso di proporre il carsismo emiliano-romagnolo come candidatura italiana alla Lista del Patrimonio Mondiale per il 2023 nel gennaio 2022. Tra il 21 e il 28 novembre dello scorso anno, la commissaria Unesco Gordana Beltram è stata in Emilia-Romagna, come previsto dalla procedura, per una serie di sopralluoghi e incontri con esperti scientifici, organi di gestione, stakeholder istituzionali e locali, per conoscere da vicino il patrimonio ambientale, storico e culturale dei Gessi. A luglio 2023si è concluso l’iter di valutazione tecnica con la proposta di una bozza di decisione in merito all’esito della candidatura, accompagnata da prescrizioni e raccomandazioni, che è stata rimessa alla decisione dei 21 membri Comitato del Patrimonio Mondiale in meeting a Riyad. Nelle scorse ore, è stata annunciata la decisione finale.
«Dopo sette anni di intenso lavoro siamo finalmente arrivati all’obiettivo di ottenere un risultato, forse insperato, ma sicuramente meritatissimo per la Vena del Gesso, i Gessi bolognesi e le altre aree carsiche gessose dell’Emilia-Romagna», ha commentato Massimiliano Costa, il presidente del comitato scientifico di candidatura per la lista Unesco. «Una vittoria per il nostro Appennino in un anno non facile. Un grande grazie alla Federazione speleologica dell’Emilia Romagna, senza il cui contributo non sarebbe stato possibile arrivare fino a qui, alla Regione, per averci supportato, a Paolo Forti, che ebbe per primo l’idea della candidatura, e a tutto il comitato scientifico».
«Sono orgoglioso. Con il “Carsismo nelle Evaporiti e Grotte dell’Appennino Settentrionale”, un meraviglioso sito naturale la cui candidatura è stata promossa dalla Regione Emilia Romagna con il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, da oggi l’Italia ha ben 59 siti iscritti nella Lista del patrimonio Mondale UNESCO confermandosi il Paese più bello del mondo». Lo afferma il Sottosegretario alla Cultura con delega all’Unesco, Gianmarco Mazzi. «Vive congratulazioni per il lavoro svolto e il risultato raggiunto al termine di un percorso complesso che arricchisce il valore intrinseco che la cultura esprime in connubio con la natura per una visione integrata della tutela e conservazione del Patrimonio della nostra Nazione».
L’alto lato del Patrimonio Mondiale: la black list dell’Unesco
Nei giorni scorsi, invece, avevamo visto come molte personalità della politica nazionale – dal sindaco Luigi Brugnaro al ministro Gennaro Sangiuliano – abbiano tirato un sospiro di sollievo, per la non iscrizione di Venezia nella Lista del Patrimonio Mondiale in pericolo. Ma questo non vuole dire che la città sia al sicuro dai problemi ambientali ma anche sociali che la minacciano, dal cambiamento climatico alla turistificazione massiva. Di fatto, la black list dei siti minacciati, stilata dal Comitato del Patrimonio Mondiale, l’organismo che presiede alla cultura all’interno delle Nazioni Unite, riconosce “semplicemente” l’esistenza concreta di un condizione diventata emergenziale. E infatti, se Venezia ride – per modo di dire – ci sono altri luoghi di rilevanza storica e artistica universale che non se la passano per niente bene e per i quali l’inserimento nella lista rappresenta un modo di accendere l’attenzione in tutto il mondo.
Il comitato, composto da rappresentanti di 21 Stati membri delle Nazioni Unite, ha votato le aggiunte domenica, durante la seconda settimana del meeting a Riyadh, in Arabia Saudita. Il gruppo ha inoltre approvato l’ampliamento di due siti esistenti. Nell’elenco sono stati inscritti 54 caravanserragli storici iraniani, che fungevano da area di sosta delle carovane che attraversavano il deserto, sparsi in 24 province del Paese. I caravanserragli fiancheggiano la rete di rotte commerciali che collegano l’Asia, l’Africa e l’Europa, tra cui la famosa Via della Seta.
Il comitato aveva aggiunto pochi giorni prima altri siti ucraini alla sua lista: la cattedrale di Santa Sofia e il monastero Kyiv-Pechersk Lavra a Kiev, nonché il centro storico della città di Lviv. La decisione è stata presa «A causa del pericolo di distruzione rappresentato dall’offensiva russa», secondo una dichiarazione dell’Unesco. L’iscrizione del sito archeologico di Tell es-Sultan, situato vicino alla città palestinese di Gerico, nella Cisgiordania occupata da Israele che non ha affatto gradito. D’altra parte Israele aveva già lasciato l’Unesco nel 2019. In una dichiarazione pubblicata domenica dal Jerusalem Post, un portavoce del governo ha definito l’inclusione del sito come «Un altro segno dell’uso cinico dei palestinesi da parte dell’Unesco».