È arrivata l’estate e così gli adepti della DHI – Dignitatis Humanae Institute hanno fatto le valigie ma lasciando la porta aperta: la Certosa di Trisulti è ufficialmente tornata un bene storico, artistico e culturale pubblico, sotto l’egida del MiC – Ministero della Cultura. Nel marzo 2021, infatti, il Consiglio di aveva riconosciuto che l’associazione ultraconservatrice di ispirazione cattolica e legata ai movimenti della destra suprematista non aveva i requisiti necessari per la partecipazione al bando di affidamento della Certosa di Trisulti, nel Comune di Collepardo, in provincia di Frosinone. Il presidente del DHI, Benjamin Harnwell, braccio destro di Steve Bannon, aveva contestato la sentenza e aveva fatto avanzare una richiesta di sospensiva degli effetti che, però è stata respinta. Insomma, alla fine, anche per evitare incidenti incresciosi con le forze dell’ordine, tenute a intervenire in caso di resistenza allo sfratto, ha dovuto fare buon viso al gioco della legge italiana. L’Istituto avrebbe voluto aprirvi una scuola politica dedicata alla formazione di giovani adepti all’ideologia suprematista, «Per difendere le radici cristiano giudaiche dell’Occidente».
Già nei giorni scorsi gli abitanti di Collepardo avevano notato dei movimenti nella Certosa di Trisulti, edificata nel 1204, situata tra i boschi di querce della Selva d’Ecio e “affidata” al DHI dallo stesso Ministero, attraverso il Polo Museale del Lazio, a seguito di un bando di affidamento pubblicato nel 2016. La storia ha i tratti surreali, soprattutto in un Paese come il nostro, la cui giurisdizione in materia di affidamenti pubblici di beni culturali è piuttosto stringente e densa di strettoie burocratiche.
Secondo il Consiglio di Stato, che ha revocato l’affidamento, la DHI aveva prodotto una serie di dichiarazioni mendaci, tra documenti retrodatati e ragioni sociali alterate, per soddisfare i requisiti per la partecipazione. Al momento della domanda, l’Istituto non aveva ancora il riconoscimento della personalità giuridica, nel suo statuto non erano definite le finalità legate all’attività di tutela, promozione e valorizzazione di beni culturali e paesaggistici e, infine, non poteva dimostrare l’esperienza quinquennale nella collaborazione per la tutela e valorizzazione del patrimonio culturale. Ciliegina sulla torta, negli atti prodotti per il bando era stata dichiarata anche la gestione del cosiddetto Piccolo museo monastico di Civita che però non esiste. Ancora da svolgere, però, l’ultimo grado: toccherà alla Cassazione rispondere al ricorso avanzato dai sovranisti per difetti di giurisdizione e competenza. Secondo gli avvocato di Harnwell, la giustizia amministrativa non può esprimersi sulla falsità della documentazione.
«La Certosa di Trisulti è tornata nelle mani dello Stato. Con la riconsegna delle chiavi del monumento nazionale, avvenuta questa mattina, da parte dei rappresentanti dell’associazione Dignitatis Humanae Institute cessa una concessione molto discussa, che sin dall’inizio presentava dei vizi di forma pienamente riconosciuti dalla sentenza del Consiglio di Stato», ha commentato il Direttore Generale Musei del Ministero della Cultura, Massimo Osanna. «Un ringraziamento alla Regione Lazio con cui il ministero ha sottoscritto un accordo per progetti di riapertura, alle realtà culturali del territorio che hanno affiancato le strutture del ministero in questa circostanza e alla magistratura amministrativa per la felice conclusione della vicenda», ha continuato Osanna.
Adesso toccherà al Ministero capire in che modo valorizzare il suggestivo complesso monumentale, in un’ottica di apertura pubblica. È attiva la rete associativa “Trisulti Bene Comune”, che ha seguito da vicino la vicenda, attirando anche le attenzioni dei media. Di certo, le possibilità non mancano: «Bisogna lavorare per il futuro della certosa, che, come ha già detto il ministro Franceschini, si trova al centro del cammino di San Benedetto e, pertanto, sarebbe l’ideale crocevia dei cammini», ha concluso il Direttore Generale.
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