Categorie: Beni culturali

Nasce ITsArt. Con la nuova società, il Netflix della Cultura fa i primi passi, tra le polemiche

di - 12 Gennaio 2021

Inizia a delinearsi meglio il quadro della nuova piattaforma streaming dedicata all’arte italiana, il famoso e famigerato Netflix della cultura paventato dal Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini da ormai diversi mesi, in risposta alle chiusure dei musei causa Covid-19. Si parte, ovviamente, dagli assetti organizzativi e il primo passo è capire chi terrà le redini: la società che gestirà la piattaforma, appena costituita, si chiamerà ITsArt, una partecipata al 51% da Cassa Depositi e Prestiti e al 49% da CHILI.

Cdp e CHILI per ITsArt ma la Rai è grande assente

Un superibrido tra pubblico e privato, quindi, visto che Cassa Depositi e Prestiti, istituzione che lavora, in linea di massima, come una Banca di Stato, è una spa controllata per l’82% circa dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e al 16% da diverse fondazioni bancarie, tra cui Compagnia di San Paolo, Monte dei Paschi di Siena, Cariplo e CRT (che a loro volta, in diverse occasioni, hanno sostenuto progetti legati all’arte e alla cultura).

CHILI, invece, è un’azienda italiana attiva nella distribuzione online e on demand di film e serie tv, fondata a Milano nel giugno del 2012, da Giorgio Tacchia, Alessandro Schintu, Giano Biagini, Stefano Flamia e Stefano Parisi. Tra gli azionisti, anche Lavazza, che nel 2017 acquistò il 25% della società attraverso una holding finanziaria, e 20th Century Fox, entrata nel 2018 con una quota tra il 3 e il 4%.

Non c’è però traccia, almeno per il momento, della RAI, la televisione pubblica che ha già una piattaforma online, Rai Play, e che avrebbe potuto scendere in campo con il suo ricchissimo palinsesto culturale. Un’assenza di un certo peso e che era stata già notata diverso tempo fa.

Tutte le divergenze tra Netflix e ITsArt

L’annuncio del Netflix della Cultura risale infatti al maggio 2020, quando Franceschini presentò nel dettaglio tutte le misure per il turismo e la cultura comprese nel Decreto Rilancio, con un tesoretto di 5 miliardi per favorire la ripartenza – anche in vista dell’estate – diviso tra agenzie di viaggio, tour operator, fondi per salvaguardare il brand italiano, rafforzamento delle indennità per i lavoratori stagionali e degli ammortizzatori sociali, contributi per la sanificazione e l’adeguamento delle strutture alle prescrizioni sanitarie.

10 milioni erano stati destinati proprio all’avvio della piattaforma in streaming, a pagamento, dedicata alla diffusione della cultura italiana, un progetto sul quale – nonostante il capitale a disposizione tutt’altro che faraonico – Franceschini ha sempre creduto molto. Nel piatto anche circa 9 milioni di CDP, mentre altri 9 saranno messi CHILI: totale, poco meno di 30 milioni di euro. Chiaro che, con questi numeri, il paragone con un colosso come Netflix non solo non può proprio reggere ma risulta anche fuorviante o, peggio, ironico.

Il gigante fondato da Reed Hastings e Marc Randolph, un 29 agosto 1997, quando il futuro dell’home video sembrava avere le forme di un dvd, ogni anno investe circa 2 miliardi di dollari in media, solo per l’acquisizione di nuovi titoli. Un investimento che, ovviamente, dovrà fruttare in qualche modo e, in effetti, succede più o meno così, anche se nel 2019 si è registrata una preoccupante inversione di tendenza, con un utile netto di “soli” 1,86 miliardi di dollari. Al terzo trimestre del 2020, comunque, l’utile di Netflix è arrivato a 790 milioni di dollari e, in attesa dei bilancio di fine anno, la previsione è buona anche se non buonissima. A prescindere dai più o dai meno, è evidente quanto la caratura dei numeri sia nettamente diversa.

Che poi questo distacco, pur così marcato, è semplicemente “organico”. Netflix è una società ad azionariato diffuso, minimamente interessata al benessere intellettuale delle persone o alla diffusione della conoscenza, quanto alla transazione di prodotti di intrattenimento di livello eterogeneo e di generi diversi. ITsArt è una piattaforma tematica, comunque dedicata a un target specifico, promossa dal Ministero della Cultura, sviluppata dal Ministero della Finanza, quindi il suo obiettivo non dovrebbe riguardare – ma il condizionale, in questo mondo, è d’obbligo – il fatturato. Anche se ci sono in ballo partner privati e, infatti, sarà interessante capire come troveranno la quadra.

Insomma, si tratta di due categorie diverse parecchi zeri. Da una parte gli spiccioli per il caffè che ballano nella tasca, dall’altra i blocchetti di assegni tenuti insieme da una fibbietta d’oro. Non che il settore della cultura sia abituato a far di conto su grandi numeri ma la questione sorge ab origine: probabilmente, la mossa di accostare questa piattaforma culturale a Netflix non è stata linguisticamente così indovinata.

Il logo tricolore e la call

Per il momento, a parte il nome, ITsArt, non c’è molto altro. D’altra parte, il concetto è molto semplice e gli anglofoni anche meno smaliziati l’avranno capito subito: Italy is Art, cioè l’Italia è Arte. «Il logo, con una linea dinamica e moderna, evoca l’italianità con un richiamo al tricolore», si legge in una nota diffusa alla stampa, mentre il punto ricorda l’estensione .it – anche se il dominio non è .it ma .tv – e «indica la proiezione italiana sul web, sottolineando la visione digitale del progetto». Non per menar gramo ma sembra la stessa pericolosa linea di pensiero di un Verybello con un po’ di trucco per sembrare più giovane. E sappiamo tutti come è andata a finire la campagna promozionale lanciata, sempre da Franceschini, nel 2015, in pieno entusiasmo Expo. Anzi, in realtà non lo sappiamo dove è andata a finire, visto che non è mai partita.

«ITsART è il nuovo palcoscenico virtuale per teatro, musica, cinema, danza e ogni forma d’arte, live e on-demand, con contenuti disponibili in Italia e all’estero: una piattaforma che attraversa città d’arte e borghi, quinte e musei per celebrare e raccontare il patrimonio culturale italiano in tutte le sue forme e offrirlo al pubblico di tutto il mondo», c’è scritto sul sito, ancora deserto. La pagina dovrà essere popolata di contenuti – si spera -, per adesso c’è solo una sorta di call, per la verità non troppo rassicurante (anche perché non ci sono indicazioni di sorta). Comunque, chi volesse tentare la sorte, può inviare proposte di contenuti, eventi e manifestazioni culturali, a content@itsart.tv.

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