03 ottobre 2024

L’arte autentica fa bene al cervello: lo studio del Museo Mauritshuis

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Una ricerca neurologica dimostra che osservare opere d'arte autentiche aumenta l'attività cerebrale fino a dieci volte, rispetto alle riproduzioni: lo studio su un capolavoro di Vermeer al Museo Mauritshuis

Il ciclo di attenzione sostenuto provocato dalla visione della Ragazza con orecchino di perla

Verità, finzione o copia? Spesso è difficile distinguerle ma, in fondo, da qualche parte dentro di noi, sappiamo quale è la differenza. A dimostrarlo è uno studio neurologico condotto nei Paesi Bassi, che ha rivelato, con precisione scientifica, che la visione delle vere opere d’arte esposte in un museo stimola il cervello con molta più intensità rispetto alle riproduzioni e ai poster. Commissionata dal Museo Mauritshuis dell’Aia, che ospita capolavori quali la Ragazza con l’orecchino di perla di Johannes Vermeer, la ricerca è stata sviluppata in maniera indipendente, utilizzando tecnologie di eye tracking combinate a risonanza magnetica per registrare l’attività cerebrale dei volontari sottoposti a osservazioni di opere d’arte autentiche e riproduzioni. Gli scienziati hanno scoperto che i 20 volontari avevano una risposta fino a 10 volte più forte quando osservavano opere vere.

«Un fattore 10 è una differenza enorme, ed è quello che succede quando si guarda una riproduzione rispetto a un’opera reale», ha dichiarato Martine Gosselink, direttrice del Mauritshuis. «Diventi mentalmente più ricco quando vedi certe cose, che tu ne sia consapevole o meno, perché crei connessioni nel tuo cervello». La Ragazza con l’orecchino di perla risalta ancora di più: lo studio ha dimostrato che l’opera non solo cattura l’attenzione degli osservatori ma la attira in un ciclo continuo e circolare: prima le si guardano gli occhi, poi la bocca e poi la perla. E poi di nuovo e ancora. Insomma, è proprio vero che, da certe opere d’arte, è impossibile distogliere lo sguardo. Sempre osservando il capolavoro del maestro fiammingo, si è registrata più attività cerebrale che negli altri dipinti esaminati, in particolare nel precuneo, area del cervello coinvolta nella memoria episodica, nell’elaborazione visuale-spaziale, nella autoriflessione e nella coscienza.

«Le persone sono naturalmente concentrate sui volti», ha spiegato il neuroscienziato Martijn den Otter, di Neurofactor, che ha condotto lo studio insieme all’agenzia di ricerca Neurensics. «Quando guardi il volto di qualcuno, anche se si tratta di qualcuno in una foto o in un dipinto, il tuo cervello cerca automaticamente di decifrare le emozioni di quella persona. Questo è il modo in cui determini se qualcuno è “sicuro” o meno». Vermeer ha fatto buon uso di questo meccanismo, riuscendo non solo a catturare l’attenzione ma anche a mantenerla attiva.

Collegati a un EEG, uno scanner cerebrale elettroencefalografico, e a un’apparecchiatura di eye tracking, i volontari, di età compresa tra 21 e 65 anni, hanno dovuto osservare cinque dipinti presenti nella collezione del Mauritshuis e, quindi, i relativi poster, esposti nel negozio del museo. Le opere d’arte reali hanno provocato una forte risposta positiva nel precuneo. The Violin Player di Gerrit van Honthorst ha dato uno stimolo di approccio positivo di 0,41 su 1, ma solo di 0,05 in forma di poster.

Erik Scherder, professore di neuropsicologia clinica invitato a commentare i risultati, ha affermato che lo studio ha sottolineato, ancora una volta, l’importanza della cultura come fattore sociale: «Questa ricerca mostra cosa fa il tuo cervello quando vedi un’opera d’arte. Un museo è un ambiente ricco che fa davvero la differenza, in particolare per i bambini in fase di crescita». Non si tratta solo dell’opera d’arte, dunque, ma anche dell’allestimento, dello spazio, della luce, della cornice, dell’atmosfera. Tutto ciò che rende una visita in un museo un’esperienza insostituibile.

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