La Manovra 2023 ha superato il vaglio della Camera, dopo lunghe revisioni. Tra gli argomenti più caldi, il reddito di cittadinanza, le misure contro il caro energia e le sanzioni per chi rifiuta i pagamenti con il Pos, ma questa volta figura anche la cultura, il cui destino passa dalla Legge di Bilancio. Non solo cosa si potrà o non si potrà fare nell’immediato futuro ma anche una indicazione affidabile dell’orientamento del nuovo governo in materia. È evidente infatti che, dopo il doppio dicastero di Dario Franceschini – interrotto solo per poche settimane dall’interregno di Alberto Bonisoli – la venuta di Gennaro Sangiuliano ha generato aspettative, curiosità, dubbi. Si proseguirà sul piano inclinato dettato dalla riforma del 2014, quella che introdusse i Musei Autonomi e che ha cambiato drasticamente il ruolo delle Soprintendenze e il loro raggio di intervento sui territori? Oppure si cambierà rotta? Secondo alcune indiscrezioni, i 44 Musei e Parchi archeologici con autonomia speciale, il fiore all’occhiello della gestione Franceschini, avrebbero subito dei tagli significativi ai budget ma è ancora da capire se verranno reintegrati attraverso altri canali.
Tra i temi urgenti, il Bonus 18app Cultura, uno dei cavalli di battaglia della precedente direzione: nella Legge di Bilancio dello scorso anno, pesava 230 milioni di euro. Nelle scorse settimane, aveva fatto discutere l’emendamento per eliminare il bonus destinato ai diciottenni, poi è intervenuto lo stesso Sangiuliano: «Al posto del vecchio bonus, nascono due strumenti efficienti e moderni per incentivare i giovani ai consumi culturali: la Carta Cultura Giovani e la Carta del Merito». La prima erogherà 500 euro ai diciottenni che provengono da famiglie con un Isee fino a 35mila euro, la seconda andrà a tutti i giovani, a prescindere dal reddito familiare, che raggiungeranno il massimo dei voti alla maturità. «In questo modo si supera la logica della mancetta, per approdare a strumenti equi e basati sul merito», ha motivato il Ministro, facendo perno su una terminologia che sentiremo spesso nei prossimi tempi e, forse, confondendo ciò che è un diritto di tutti – cioè poter accedere liberamente alla cultura – da una ricompensa, ottenuta per essere stati giudicati validi secondo certi parametri numerici. «Verranno anche rafforzati i meccanismi anti-truffe, per dire definitivamente addio alle frodi, che la Guardia di Finanza ha quantificato in circa 17 milioni di euro, una cifra considerevole», ha continuato Sangiuliano. «I consumi culturali, soprattutto nelle giovani generazioni, sono un fattore di crescita civile. E mettere il merito al centro è un’operazione di riformismo conservatore, un cambio di paradigma che incentiva uno sviluppo armonico della società».
Ma a prescindere dalle parole, rimangono i numeri. Il disegno di legge di bilancio 2023-2025 autorizza, per lo stato di previsione del MIC – Ministero della cultura, spese complessive, in termini di competenza, pari a 3.903,2 milioni di euro per il 2023, 3.460,9 milioni di euro per il 2024 e 3.438,4 milioni di euro per il 2025. Quindi un decremento in termini assoluti pari a 63,5 milioni di euro, ossia a 58,6 milioni in termini di spese finali. Si tratta di un’ulteriore riduzione della quota percentuale designata all’ambito culturale, che si abbassa dallo 0,5% del 2022 allo 0,4% della spesa finale del bilancio statale del 2023. Nello specifico, questi numeri come verranno tradotti? Nel segmento “Sostegno, valorizzazione e tutela del settore dello spettacolo dal vivo”, uno dei nervi scoperti degli ultimi anni, a causa di tutte le questioni legate ai lockdown e alle restrizioni, si passa da 575,3 milioni a 523,5 milioni. Incrementata invece la “Tutela e valorizzazione dei beni archivistici”, che passa da 169,8 milioni a 184,1. Aumenta anche la “Valorizzazione del patrimonio culturale e coordinamento del sistema museale”, da 397,8 a 435,5 milioni. Mentre subisce un taglio la già esigua dotazione per “Tutela e promozione dell’arte e dell’architettura contemporanea e delle periferie urbane”, da 34,5 a 32,6 milioni.
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