Doveva essere un’opera alla memoria ma sembra essere stata lasciata a se stessa: si tratta dell’ultima installazione pubblica realizzata a Nuoro da Maria Lai che, iniziata nel 2011 e rimasta incompiuta per la sopravvenuta morte dell’artista – il 16 aprile del 2013 -, rappresenta un omaggio alla grande scrittrice di origini sarde Grazia Deledda. «Completamente abbandonata e in preda all’incuria, non è neanche segnalata da una cartellonistica adeguata che la descriva, ne è presente un segnale in città che indichi come poterci arrivare». Ad accendere l’attenzione è il quotidiano La Nuova Sardegna: «L’opera di Maria Lai è sconosciuta a visitatori e turisti; e molto probabilmente anche alla maggior parte dei nuoresi di ogni età . Per la maggior parte dell’anno, la scultura sembra quasi rapita dalle erbacce e spesso è circondata da escrementi di animali».
L’opera di Maria Lai sorge nei pressi dalla seicentesca chiesa della Madonna della Solitudine, ai piedi del monte Ortobene, luogo molto caro ai nuoresi, dove le spoglie di Grazia Deledda – che nel 1926 vinse il Premio Nobel per la Letteratura – sono custodite in un sarcofago di granito nero levigato. «Sull’alto varco quadrangolare, su cui si staglia disegnata nel cielo una geografia, bisogna entrare attraverso quei mondi, quelle linee stellari. Come un invito a lasciare le ansie e spaziare in un’altra dimensione», così Maria Lai descriveva l’installazione che, come spesso nella sua lunga ricerca, era stata pensata in stretto dialogo con il paesaggio.
Ad accogliere il visitatore è un portale cubico, aperto, che introduce a una serie di colonne bianche su cui si stagliano le sagome nere di donne e pastori, di capre, di telai e di scritture, in un rimando alle storie narrate da Grazia Deledda e ai valori femminili espressi nella sua letteratura. Andando via è stata concepita come luogo di meditazione e sosta. Il luogo in cui si erge il monumento fu scelto dalla stessa Lai perché lontano dalla confusione e dal traffico della città , a rievocare lo spirito solitario della scrittrice.
«La sensazione iniziale è come di disorientamento, soprattutto di fronte all’affollarsi delle immagini di personaggi della vita nuorese, figure stilizzate di donne e pastori, di capre e telai, e ancora scritture. Quello spazio stretto e alto si anima e prende vita, prende vita il nostro passato e il nostro futuro. Ci coinvolgono le storie, i paesaggi, gli sguardi lontani e le sensazioni. Ogni segno evoca metafore. In ogni immagine c’è l’uomo con tutte le sue domande e la sua ansia d’infinito», continuava Lai.
L’opera ha ispirato anche un progetto teatrale promosso, nel 2017, dall’Archivio Maria Lai, in collaborazione con Galleria Macca e ideato da Giuditta Sireus, con il coinvolgimento delle tessitrici di 25 centri tessili sardi. Nel 2020, il progetto è anche approdato in una mostra al MUDEC di Milano. Proprio in un video pubblicato sulla pagina Facebook del progetto e risalente al 2022, si vede il monumento, che sembra essere ancora in un discreto stato di conservazione.
Oggi però, come riporta La Nuova Sardegna, l’opera in «Stato di totale abbandono» è diventata una «Toilette per i cani e per i cafoni, ma anche una bella visuale culturale per le coppiette che si appartano all’imbrunire».
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