Ammettiamolo, tutti aspettavamo con ansia il prossimo restauro spagnolo e loro, puntualmente, l’hanno fatto: dopo il Monkey Christ e la Bubble Madonna, solo per citare i più clamorosi, un’altra opera d’arte è stata deturpata dalla mano non troppo benevola dei restauratori iberici, questa volta a Palencia, ricca città della Castiglia, importante sede episcopale e tappa fissa lungo “el camino” di Santiago. Ma non sono bastati i santi in paradiso per salvare la scultura ornamentale di un edificio del XX secolo: e così, quella che doveva essere una figura femminile sorridente, adesso, secondo i nostri esperti di meme, somiglia vagamente a Donald Trump (che pure di meme ne sa qualcosa).
O meglio – cioè peggio – un Trump disegnato da un bambino delle scuole elementari, evidentemente poco promettente almeno nella pratica del disegno. A dire il vero, per quegli strani e inquietanti fori che, con un po’ di fantasia, dovrebbero essere gli occhi, potrebbe anche sembrare un lontano parente terrestre dei Tusken, amichevolmente conosciuti, nell’universo fantascientifico di Guerre Stellari, anche come sabbipodi, cioè piedi di sabbia. Per fortuna, però, il disastroso restauro di Palencia si è fermato al volto.
A condividere le immagini del restauro, l’artista Antonio Guzmán Capel, sulla sua pagina Facebook, e il post, nemmeno a dirlo, ha fatto immediatamente il giro del mondo (un po’ come il clamoroso restauro dell’Agnello Mistico di Gand ma quella era tutta un’altra storia). «Le immagini sono un po’ sfocate, ma si può vedere perfettamente il disastro. Sembra la testa di un personaggio dei cartoni animati», ha scritto Capel, additando come colpevole non tanto l’esecutore, evidentemente un principiante, quanto il mandante. «Il crimine più grave è stato commesso dalla persona che lo ha commissionato e poi ha cercato di andare avanti come se niente fosse», ha continuato Capel.
Questi continui disastri, diventati virali, hanno gettato il discredito anche sui restauratori professionisti, formati in anni di studio e di lavoro. Già a giugno 2020, i restauratori, quelli veri, chiedevano al governo regole e controlli più severi, a seguito di un tentativo di restauro su una copia di Murillo, commissionato da un privato e andato a finire male. «Non credo che queste persone dovrebbero essere indicate come restauratori. Siamo onesti: sono persone che sbagliano. Distruggono le cose», dichiarava Fernando Carrera, professore alla Scuola gallega per la conservazione e il restauro dei beni culturali, mettendo in evidenza la necessità di far eseguire questi lavori solo da restauratori adeguatamente formati. Il problema è che in Spagna – che pure ha una legislazione abbastanza severa e complessa in materia di beni culturali, per esempio in merito all’esportazione – non ci sono regole precise per l’affidamento dei lavori di restauro, che possono essere svolti praticamente da chiunque.
Qualche volta, però, anche un restauro finito male può essere una buona occasione. Per esempio, il Monkey Christ è diventato talmente famoso che migliaia di persone vanno in pellegrinaggio al santuario di Borja solo per vederlo. In quel caso, fu una parrocchiana ottantaduenne a volersi cimentare con il restauro dell’opera, un Ecce Homo che, diciamolo, non poteva essere considerato tra le eccellenze della grande storia dell’arte ma che, dopo l’intervento della nonnina, è entrato nell’olimpo della cultura visiva contemporanea. Anche con i nomi di Ecce Mono e Potato Jesus. Nel book shop del pio luogo, vanno letteralmente a ruba – e chi non li desidererebbe? – portachiavi, magliette, tazze e peluche, tutti con l’effige del Monkey Christ, che evidentemente ha fatto il miracolo.
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