Tra le altre cose, il 2020 è stato anche l’anno di Raffaello, maestro un po’ sfortunato, ghermito nel fiore degli anni, appena 37 ma, pur se in una vita così breve, qualche soddisfazione se l’è tolta. E anche il post non è stato da meno, in effetti. Oltre alla grande mostra alle Scuderie del Quirinale, infatti, tante sono state le iniziative per ricordare il cinquecentenario della sua morte e l’ultima, in ordine cronologico, proprio allo scadere della mezzanotte del 366mo giorno di questo anno bisestile, è tutta tecnologica. Haltadefinizione, la tech company di Franco Cosimo Panini Editore, in collaborazione con Accademia Carrara, rende disponibile online il San Sebastiano, in tutta la gloria dei suoi gigapixel.
Il capolavoro giovanile dell’Urbinate, conservato nel museo bergamasco, è stato acquisito con una tecnica fotografica ad altissima risoluzione, grazie alla quale ogni singolo particolare può essere ingrandito attraverso un visore multimediale, rivelando dettagli invisibili a occhio nudo. Oltre che per i profani, l’acquisizione in gigapixel del San Sebastiano sviluppata da Haltadefinizione sarà utilissima anche per i professionisti restauratori, che potranno tenere strettamente sotto controllo lo stato di conservazione del dipinto.
«Siamo entusiasti di rendere fruibile sul portale di Haltadefinizione il San Sebastiano, una delle opere più importanti della collezione dell’Accademia Carrara in questo momento di chiusura prolungata causa Covid. L’altissima definizione è attualmente l’unica modalità di visione digitale che consente di poter apprezzare l’opera in tutti i suoi particolari, e sopperisce all’impossibilità dei visitatori di godere dell’originale dal vivo», ha commentato Luca Ponzio, founder di Haltadefinizione. «Al giorno d’oggi gli archivi digitali in altissima definizione sono una risorsa straordinaria per i nostri musei, grazie ai quali si aprono infinite possibilità di valorizzazione e fruizione del patrimonio artistico».
Considerando l’iconografia, ci aspetteremmo un San Sebastiano a figura intera, seminudo, sofferente e trafitto dalle frecce, simbolo del martirio delle carni. Raffaello, invece, ci stupisce con un mezzobusto avvolto in elegantissime e preziose vesti rosse, blue e dorate. Si vede solo una freccia, che il Santo impugna gentilmente come se fosse una penna, obliquamente, a scandire nettamente la profondità con una semplicità e una evidenza rarissimi da trovare in un’opera sacra dell’epoca. D’altra parte, la sua espressione non sembra particolarmente sofferente, anzi, il suo viso sembra esprimere una profonda dolcezza.
Databile tra il 1501 e il 1503, in ogni caso tra la commissione della Pala Baronci (1500-1501) e lo Sposalizio della Vergine (1504), il dipinto venne realizzato come immagine destinata alla devozione privata dal giovanissimo Raffello che, in quegli anni, pur se ancora giovanissimo e influenzato dallo stile del maestro, Pietro Perugino, già iniziava a farsi strada.
Dell’opera si persero le tracce per secoli, fino ai primi dell’Ottocento, quando il San Sebastiano iniziò a circolare tra diverse collezioni private lombarde, per approdare infine, nel 1866, all’Accademia Carrara, insieme ad altre 240 opere della collezione Lochis. A comprovare l’importanza del San Sebastiano, oltre i grandi elogi dei critici del tempo, è la sua quotazione, ben 4mila fiorini, una cifra altissima per l’epoca. E oggi, l’opera è disponibile alla visione di tutti, in altissima definizione.
«Un museo deve essere curioso e cercare le diverse opportunità per rendere il proprio patrimonio disponibile a un pubblico vasto. La tecnologia è un’opportunità, un veicolo col quale avventurarsi in viaggi sempre nuovi. In questo caso, il viaggio consentirà di entrare nei dettagli più nascosti di un capolavoro dell’arte come il San Sebastiano, avvicinandosi alla magia e al genio di Raffaello», ha raccontato Gianpietro Bonaldi, responsabile operativo Accademia Carrara Bergamo.
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