L’Ultima Cena è un capolavoro molto delicato. Quando lo dipinse, per il refettorio del convento domenicano di Santa Maria delle Grazie, Leonardo si cimentò in una tecnica altamente sperimentale, mai provata prima per gli affreschi. Il Genio vinciano usò una mistura di tempera all’uovo e pittura ad olio su intonaco, che iniziò a sbiadire dubito dopo il suo completamento e che ancora oggi presenta complessi problemi di conservazione. Un atteggiamento sopra le righe di Leonardo, dovuto probabilmente al suo desiderio di ricerca, oltre che a una nota avversione per la tecnica dell’affresco, reputata troppo rapida. D’altra parte, anche in quegli anni si avvertiva la necessità di preservare l’integrità delle opere d’arte per i posteri e gli artisti tenevano in conto gli effetti del tempo sui propri lavori. Proprio per questo, fortunatamente, Giovan Pietro Rizzoli detto Giampietrino e Giovanni Antonio Boltraffio, tra gli allievi più fortunati di Leonardo, realizzarono una copia fedele, usando la tradizionale e affidabile pittura a olio su tela, che ha resistito meglio alla prova dei secoli. Ora, quel dipinto a olio è disponibile anche online, grazie a una partnership tra la Royal Academy of Arts e Google Arts & Culture. Google ha usato la sua ormai leggendaria Art Camera per scansionare L’Ultima Cena di Giampietrino e Boltraffio, insieme ad altre 19 opere della collezione del museo inglese, ottenendo un’immagine finale da oltre un miliardo di pixel, che si può zoomare fino a distinguere chiaramente la grana della tela, oltre che osservare in modalità realtà aumentata.
Ora, quel dipinto a olio è disponibile anche online, grazie a una partnership tra la Royal Academy of Arts e Google Arts & Culture. Google ha usato la sua ormai leggendaria Art Camera per scansionare L’Ultima Cena di Giampietrino e Boltraffio, insieme ad altre 19 opere della collezione del museo inglese, ottenendo un’immagine finale da oltre un miliardo di pixel, che si può zoomare fino a distinguere chiaramente la grana della tela, oltre che osservare in modalità realtà aumentata.
Com’è noto, la scena descrive il momento topico dell’Ultima cena, quando Gesù rivela che uno dei suoi 12 discepoli lo tradirà. Nel capolavoro originale di Leonardo del 1498 – che ha recentemente riaperto al pubblico dopo il lockdown e ha già fatto registrare il tutto esaurito nelle prenotazioni online – ogni figura è ritratta con grande dovizia di particolari e di riferimenti altamente simbolici, alcuni dei quali sono andati perduti a causa del progressivo deterioramento della pittura ma anche in seguito ad alcuni interventi architettonici. Per esempio, nel 1652, venne ricavata una apertura in corrispondenza dei piedi di Gesù che, così, sono andati perduti per sempre. Ma non nella copia attribuita a Giampietrino e Boltraffio, che fu probabilmente realizzata tra il 1515 e il 1520.
Il dipinto è sempre stato considerato una risorsa utile per gli studiosi perché ha quasi le stesse dimensioni dell’originale Leonardesco. La copia è stata utilizzata come riferimento anche quando l’originale fu restaurato, tra il 1979 e il 1999. Un’altra copia, questa dipinta dallo stesso Leonardo, è stata riscoperta nel 2018 e probabilmente venne realizzata sulla base dello stesso cartone preparatorio del murale. Nell’ultima cena scannerizzata da Google, per esempio, ritroviamo un contenitore del sale rovesciato accanto al braccio destro di Giuda. Insieme alle ombre sul volto di Giuda e al portamonete, il sale versato è un simbolo di tradimento. Accanto a Giuda, un altro discepolo, Pietro, tiene in mano un coltello, in riferimento al fatto che l’apostolo avrebbe tagliato l’orecchio di un soldato nel tentativo di fermare l’arresto di Gesù. E nella scansione di Google, possiamo rivedere a distanza ravvicinatissima anche i piedi di Gesù. Diversi anni fa, fu scansionato in altissima definizione anche l’originale e il confronto tra le due immagini rivela anche alcune lievi differenze, per esempio nel posizionamento della mano destra di Gesù che tende verso un bicchiere di vino.
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