Timeo Danaos et dona ferentes, Temo i greci anche quando portano doni, scriveva Virgilio nell’Eneide. E la frase diventata proverbiale sembra riecheggiare nella promessa fatta da Lina Mendoni, ministra della cultura della Grecia, alla Gran Bretagna: un prestito di importantissimi manufatti archeologici al British Museum, in cambio della restituzione dei Marmi del Partenone. Per «Colmare il vuoto» – eventualmente – lasciato dalle iconiche sculture che, tra la fine del ‘700 e i primi anni dell’800, furono trasferite via mare dall’Acropoli di Atene verso i lidi della Terra di Albione, previo consenso strappato non senza malintesi e dubbi da Lord Elgin all’Impero ottomano che, all’epoca, governava i territori greci.
La proposta è stata avanzata dalla ministra – che è un’archeologa – in un’intervista al Guardian e rinfocola un dibattito annoso e, al momento, senza alcuna possibilità di soluzione. Diversi governi greci si sono avvicendanti, parimenti a quelli britannici, senza mai trovare un accordo. È intervenuta l’Unesco, intimando la restituzione. Ad Atene è stato costruito un bel museo per accogliere i pezzi che, dal 1816, fanno la fortuna del British Museum: 17 statue provenienti dai due frontoni, 15 metope raffiguranti battaglie tra Lapiti e Centauri, 75 metri, a partire dagli originali 160 metri, del fregio interno del tempio.
Nel frattempo, qualcosa si è pur mosso. Nel 2022, l’Italia restituì alla Grecia il cosiddetto Reperto Fagan, conosciuto anche come il Frammento di Palermo, raffigurante il piede e parte del vestito di una statua marmorea della dea Artemide, parte della decorazione scultorea del Partenone. Nello stesso anno, altri tre frammenti del Fregio, nelle collezioni dei Musei Vaticani, furono donati da Papa Francesco all’Arcivescovo di Atene.
Gli stessi intellettuali e studiosi britannici sono divisi ma il governo e la direzione del museo londinese continuano a mantenere una posizione ambigua: da un lato sembrano essere disposti a intavolare una trattativa, dall’altro rivendicano la proprietà legittima delle opere. «La nostra posizione è chiara», ha dichiarato Lina Mendoni al Guardian: «Se le sculture dovessero essere riunite ad Atene, la Grecia è pronta a organizzare mostre a rotazione di importanti antichità che colmerebbero il vuoto».
È la prima volta che il Governo greco, che pure della restituzione ne ha sempre fatto una questione politica oltre che culturale, si spinge a un’offerta del genere, uno scambio che suona anche un po’ ironico, se non sardonico: avete paura di rimanere senza opere, con le sale dei vostri musei vuoti? Non vi preoccupate, ci pensiamo noi. Ma a parte la british humor revenge, la proposta è obbiettivamente interessante, per uno scambio di alto profilo istituzionale e diplomatico, ispirato a nobili valori di cooperazione, che entrerebbe nella storia della museografia e non solo.
D’altra parte, l’attuale presidente del British Museum, George Osborne, sembra voler affrontare la questione di petto, rispetto ai suoi predecessori che, invece, hanno sempre nicchiato sull’esistenza stessa della questione. Sarà che quello della restituzione dei beni culturali e storici trafugati od ottenuti in condizioni di evidente disparità, ormai è diventato un tema comune e molto sentito, in ambito non solo di studi post coloniali ma anche nel dibattito pubblico. Comunque, Osborne, membro del partito Conservatore e già Cancelliere dello Scacchiere, cioè Ministro delle finanze, in varie occasioni ha lasciato intendere che si potrebbe anche arrivare a una soluzione di compromesso. Sarà questo l’anno giusto? È la domanda che ci poniamo ogni anno.
Per Mendoni, però, la strada può essere solo una e non prevede ipotesi di comodo: «La Grecia non può discutere di prendere in prestito tesori che le sono stati saccheggiati. Il Partenone, un monumento Patrimonio dell’Umanità, richiede la sua integrità», nel luogo in cui le sculture furono scolpite e dove trova motivazione la sua creazione.
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