Entrando nel Padiglione Polacco lo spettatore si perde nelle bianche pareti agitate da infiniti pallini neri, la vista si confonde nel caos mentale suscitato all’impatto con l’istallazione, ma si percepisce una logica schematica di estremo rigore che lascia spazio a riflessioni.
Al centro del padiglione si trova un tavolo, sei dadi e un leggìo su cui poggiano le regole del gioco tradotte in decine di lingue.
Partecipi al gioco
Lancia i dadi
Allineali
Trova la tua combinazione sulla parete fra le 46656 possibili
Se ci riesci hai vinto, altrimenti hai perso
Lo spettatore, eletto a protagonista assoluto negli intenti della Biennale di Bonami, ha la possibilità di partecipare attivamente. Il risultato del gioco non è determinato dall’abilità del partecipante, tutti i giocatori sono uguali, chi decide è la sorte.
I dadi, il cui gioco si dice fosse stato inventato da Palamedes, rappresentano da sempre nella storia dell’umanità il caso, la fortuna, la sorte. “Alea Iacta Est” sono le parole attribuite a Cesare dopo aver tirato i dadi per valutarne l’auspicio prima dell’inizio della battaglia che cambiò la storia dell’Impero Romano.
L’aspetto modulare dei dadi riproposto anche nella loro esposizione risulta essere una resistenza morale al caos, ma nella possibilità del gioco, nella sua casualità ritroviamo una realtà conflittuale a dispetto dell’apparente armonia.
Stanislaw Drozdz offre l’opportunità allo spettatore di partecipare al gioco e successivamente gli offre l’opportunità di ritrovare la sua combinazione di segni nella costellazione infinita di puntini che ricoprono il padiglione.
Lo spettatore è l’elemento fondamentale del gioco. L’interattività genera un dialogo tra l’arte e il pubblico introducendo considerazioni ontologiche che dilatano lo spazio dell’arte in quello della vita e dell’essere. “Ogni pensiero è un lancio di dadi” scrisse Mallarmé.
L’arte di Drozdz deve molto agli influssi di Mallarmé, Duchamp, Wittgenstein: la precisione, l’indagine concettuale, il mistero, l’ambiguità espressiva. L’artista riduce i concetti alla loro essenza e li ripropone allo spettatore nella forma arcaica del gioco dei dadi proponendo un’arte semplice, ma ricca di valenze ontologiche.
Nell’era della multimedialità e dei computer, i dadi rappresentano nella loro semplicità la forma della logica combinatoria su cui oggi si basano le più sofisticate tecnologie.
Stanislaw Drozdz dal 1967 pratica poesia concreta o poesia visiva; ne è uno dei più illustri esponenti e per le sue creazioni adotta il termine ”concettoforme”. Nelle sue opere ritroviamo un’attenta ricerca sul linguaggio di cui vengono indagate le forme più pure e sintetiche. La fisicità del testo scritto sulla pagina non è più il limite dell’espressione poetica, la poesia di Drozdz occupa lo spazio, il tempo e la riflessione sull’evento artistico.
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jacopo miliani
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però...
inquietanti tutti quei dadi..