Due stanze: una per leggere e l’altra per osservare. La struttura allestitiva di Rappresentazioni arabe contemporanee è chiara e sintetica. Niente di meglio per un visitatore bombardato da una varietà incredibile di immagini e suoni, su cui non è sempre facile esercitare la propria… dittatura.
Il progetto a cura di Catherine David rientra a pieno titolo nelle scelte di Francesco Bonami per la cinquantesima Biennale: porre l’accento su problematiche sociali e politiche. In modo, certo, meno pronunciato ed evidente che a Kassel.
Il direttore sostiene comunque che l’arte sia un modo per riflettere su certi aspetti senza dover dare delle risposte immediate. Non a caso, le Rappresentazioni arabe sono pensate a lungo termine e quello che abbiamo occasione di vedere oggi a Venezia è la
E’ qualcosa di più che una mostra. E’ il tentativo di mettere a fuoco il dibattito interno alla cultura araba, per promuovere occasioni di incontro in Medio Oriente e far conoscere all’esterno le mille identità di un mondo geograficamente vicino ma intimamente lontano. Il progetto si alimenta del contributo di vari autori, che scrivono, filmano, dibattono. Alla Biennale sono approdati alcuni di loro: The Atlas Group / Walid Raad, Taysir Batniji, Tony Chakar, Bilal Khbeiz, Rea Shaath, Paola Yacoub e Michel Lasserre.
Nella prima sala sono esposte le iniziative editoriali a cui hanno partecipato, come Tamáas 1. Beirut/Lebanon (Barcellona, 2002): una raccolta di testi e riproduzioni di opere d’arte. Il visitatore interessato ha così l’opportunità di formarsi un’opinione e trovare opportune chiavi per leggere la seconda sala. Sei video proiettati su grandi pannelli, tre sulla destra e tre sulla sinistra. Tutti di artisti libanesi. Tutti con il senso pesante della denuncia. Con l’eccezione di Bilal Khbeiz: camera fissa su un volto di donna, che cita aforismi di personaggi del mondo artistico passato e presente. Knowledge does not proceed the effort è un omaggio moderno al páthei máthos. Khbeiz critica l’individualismo vessillo d’Occidente, pungentemente ma senza sparare violenza.
Raccogliamo, però, i risultati di Catherine David. Rappresentazioni arabe contemporanee ha lasciato il segno a Rotterdam e, soprattutto, a Barcellona, aprendo le porte alla comprensione della cultura degli immigrati medio-orientali in quelle città. Se l’arte deve porre domande ed essere strumento di conoscenza, allora questa è arte, viceversa…
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