Attraversiamo i lunghi spazi polverosi dell’Arsenale per approdare a Zona d’urgenza (Z.O.U. Zone of Urgency) curata dal giovane cinese Hou Hanru..
Un mondo globalizzato, in espansione, iper affollato, si riflette nei lavori di tanti artisti le cui opere sono in connessione tra loro e disposte in modo da riempire tutta l’area espositiva, quasi a ricordare l’assenza di spazio vitale che si percepisce nelle città orientali.
“Il modo tradizionale di costruire le città non è più efficiente” spiega calmo Hanru, “la città diventa un collage di zone frammentarie, ognuna delle quali risponde a dei bisogni urgenti, questo è di fatto un nuovo contesto per il lavoro degli artisti, pieno di nuove possibilità”. “In un’esposizione come la Biennale bisogna sfidare il modo tradizionale di fare mostre, io ho tentato di ricreare in questo spazio le dinamiche di una città vera e propria, in cui accadono molte cose e in cui ci si muove su diversi livelli”.
Guardandoci attorno vediamo che sono già presenti, appesi al soffitto i grandi quadri di Cying Landscapes che raffigurano paesaggi reali/virtuali della contemporaneità, immagini mediatiche, visioni di potenziali disastri terribili: la enorme zona industriale tedesca della Basf, la più grande diga del mondo che si sta costruendo in Cina, l’aereo che si schianta contro il Pentagono, uno scorcio di Las Vegas la città del successo e della rovina. L’esposizione, come una città, si costruisce su più livelli, ci colpisce la grande statua bicefala che ne domina il centro; Hanru commenta: “è opera di due artisti coreani che hanno lavorato sull’idea di ibrido, mescolando immagini del passato e del presente, elementi della globalizzazione e della localismo, dalla statua saranno emessi i suoni sovrapposti di tre stazioni radio”. Prima di salutarlo chiediamo a Hou Hanru qual è l’aspetto più interessante del progetto: “La difficoltà di mettere assieme voci così diverse e artisti di aree anche lontane. Spero che il pubblico ne rimanga sorpreso e allo stesso tempo spaesato”.
Proseguiamo nella passeggiata per incontrare Carlos Basualdo. Nella zona riservata a La struttura della crisi / The structure of Survival gli operai e gli artisti si affaccendano, è montato unicamente il lavori di Yona Friedman (Budapest, 1923) che ha usato con molta ironia gli imballaggi di polistirolo degli altri artisti e li ha attaccati al muro. Noi ci appartiamo per chiedere al curatore il significato del titolo della sua mostra: “l’esposizione ha due titoli, uno in italiano e uno in inglese, ho scelto di averne due perché credo che esista una tensione tra la nozione di crisi e quella di sopravvivenza: la mostra funziona su questa tensione. Non si tratta di illustrare queste idee, ma di capirle attraverso il contesto e i materiali”. “Vi sono alcune opere – continua Basualdo –
Basualdo poi, si avvicina a una cassa ancora imballata, la apre e ci mostra l’opera di Gego (Amburgo, 1912), un artista di origine tedesca scappata al nazismo in Venezuela dove muore nel 1994, la sua opera è posizionata di fronte a quella di Yona Friedman ed è in qualche modo in relazione con quest’ultima per i materiali poveri con cui è stata realizzata. Si tratta di cavi di metallo piegati e lavorati che verranno appesi in modo che riflettano sulla parete delle ombre. Basualdo conclude specificando che nella sua mostra non c’è alcun riferimento a Venezia, anche se la consapevolezza del contesto è comunque sempre sullo sfondo.
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Ragazzi, sbilanciatevi un po' a parlare di questa Biennale. Insomma, ok interviste, ok cronaca, ma anche critica per favore. Per sapere quello che c'è basta andarci. Quello che ci interessa è capirne lo spessore qualitativo. Una cronaca o un'intervista non bastano...
beh
prima impressione
molti giovani senza grande qualità
molta confusione
troppi curatori?
mostra Correr buona, alcune opere molto belle...ma un filo conduttore meno scontato?E gli altri che mancano?
ma non ho visto ancora i Giardini