Esemplare, in questo senso, è l’opera di Ricky Swallow (padiglione Australia). Di che si tratta? Di una serie di sorprendenti nature morte tridimensionali realizzate in legno, con tecniche scultoree classiche, che pur conservando un rapporto viscerale con la terra, prelevandone le materie prime, si danno all’interpretazione di soggetti modernissimi, con una trattazione dei volumi e delle superfici iperrealista, incline ad una resa maniacale, fin nei minimi particolari, dei microcosmi della contemporaneità che va a rappresentare. Un atteggiamento introspettivo, di gusto spartano, passa attraverso i tableux di Swallow, fotografie di un’Australia sempre in bilico tra il confronto con una natura dominante e le necessità del rinnovamento, con una volontà ferrea di costruirsi una tradizione culturale propria e di collocarla nel mondo, pur senza sconfessare le innegabili radici occidentali.
Analogamente, la Corea presenta le relazioni schizofreniche tra costume e progresso che fanno da sfondo alle operazioni di un gruppo eterogeneo di quindici artisti, a confronto, tramite media disparati, con i temi della natura, la vita, il sesso, l’evoluzione sociale, uniti sotto il titolo Secret beyond the door, mutuato da una pellicola di Fritz Lang del 1948, allusivo ad un universo favolistico.
Più ironico, incline al paradosso è l’artista esibito da Singapore, Lim Tzay Chuen, a cura di Eugene Tan, con le sue operazioni fuorvianti, volte a creare un cortocircuito di senso nello spettatatore, inserendo elementi di disturbo in azioni banali, legate alla quotidianità. Legata, invece, allo spirito della Biennale “in rosa”, ma pur sempre attenta a tematiche attuali è la mostra giapponese Mother, 2000-2005, traces of the future. La storia di una giovane donna, madre dell’artista, avanguardista dei moti di indipendenza femminili nel Sol Levante, è un pretesto per costruire, tramite le fotografie di Miyako Ishiuchi, un ritratto di signora delicato, allo stesso tempo sensuale, con un’attenzione quasi feticista, tutta giapponese, per gli accessori, metonimie descrittive del soggetto. La biancheria intima, per esempio, o le scarpe, di cui l’artista fa attenzione a renderne attraverso i giochi chiaroscurali, la morbidezza setosa delle materie, vengono percepite dall’occhio, e dal tatto, come elementi di un’emancipazione che passa prima di tutto attraverso il corpo, veicolo erotico, anche nelle sofferenza di un seno piagato dal tempo.
Con una leggerezza che non riesce però a celare il dramma dell’invecchiamento, la nostalgia che scorre attraverso il senso della memoria, l’insofferenza a stereotipi datati, in cui la femminilità diventa metafora di una società che evolve, travolgendo nella propria corsa vite, sentimenti, folclore.
santa nastro
mostre visitate il 9 e 10 giugno 2005
Alle Gallerie d'Italia di Vicenza, in mostra la scultura del Settecento di Francesco Bertos in dialogo con il capolavoro "Caduta…
La capitale coreana si prepara alla quinta edizione della Seoul Biennale of Architecture and Urbanism. In che modo questa manifestazione…
Giulia Cavaliere ricostruisce la storia di Francesca Alinovi attraverso un breve viaggio che parte e finisce nella sua abitazione bolognese,…
Due "scugnizzi" si imbarcano per l'America per sfuggire alla povertà. La recensione del nuovo (e particolarmente riuscito) film di Salvatores,…
Il collezionista Francesco Galvagno ci racconta come nasce e si sviluppa una raccolta d’arte, a margine di un’ampia mostra di…
La Galleria Alberta Pane, 193 Gallery, Spazio Penini e Galleria 10 & zero uno sono quattro delle voci che animano…
Visualizza commenti
Di quel poco che siamo riusciti a vedere dei giardini, questo è il padiglione che ci è piaciuto di più, c'era ancora palpabile una volontà di inseguire il bello e l'armonia, senza rinunciare all'attuale.