Come se ogni giorno si potesse esperire la credibilità e al contempo mettere alla prova i confini del reale, Jorge Macchi (Buenos Aires, 1963) scardina il senso della visione ordinaria per riconsegnare altre prospettive. Nel suo lavoro ascensioni, percorsi e confini dell’immaginazione sono scelte sempre concrete, legate alla consuetudine, inversioni di uno sguardo marginale, mai scontato. L’artista effettua una scomposizione dei dati sensibili ed elabora nuove informazioni visuali, suggerisce spazi dove non esiste coscienza, produce sensazioni di universi percettivi in disuso e recupera la solidità di ciò che sta per svanire. La sua opera si fonda sull’idea di transito che racconta la nostra fugace esperienza, convoca tutta la gravità dell’esistenza e la sublima con l’inesorabile, crea relazioni inedite tra luogo comune e rappresentazione periferica, osserva la cancellazione di uno spazio e attua la costruzione di verità che nello stesso spazio trovano l’ultimo afflato.
Giacché molte opere contengono note destinate a riverberarsi a lungo, si consiglia l’acquisto del catalogo per verificare come i lavori di Macchi, nel soddisfare desideri di novità parecchio assopiti in questa Biennale, abbiano squassato gli automatismi ed elevato l’idea di percezione.
In Monoblock ritaglia le pagine degli annunci mortuari fino a cancellare di ogni nome la presenza su questo mondo, Blue Planet raffigura continenti squilibrati proprio dall’assenza dei continenti, laddove resta solo acqua in un globo terracqueo che di terreno non ha più nulla, in Leu feuilles mortes identifica nel crollo delle righe di un quaderno la propensione all’umana caduta. Fuori catalogo (ma in laguna al Padiglione Italiano) Still-Song è una stanza bianca con centinai di fori al posto della luce stroboscopica diretta sulle pareti per simulare una festa conclusa per sempre mentre sembra di sentirne ancora la musica.
Scelta invece dalla curatrice del Padiglione Adriana Rosenberg per presentare l’Argentina in questa 51a edizione della Biennale (e prevista alla fine di quest’anno alla Galleria Continua a San Gimignano), La Ascension è un’installazione site specific, a guisa di tappeto elastico forgiato secondo la dima dell’affresco barocco soprastante che raffigura L’Assunzione della Vergine Maria e sembra specchiarla nel riflesso della sua tipica forma.
Nel cd del catalogo una viola da gamba, strumento antico del ‘400, predecessore del violino, evoca con il suono morbido e delicato un salto nel vuoto che sembra far parte di un concerto definitivo e che per tre giorni è stata una performance sul tentativo dell’essere umano di ascendere al cielo, nel doppio significato del titolo che include il dogma della glorificazione della Vergine anticipata per singolare privilegio, e di quello della resurrezione degli uomini prevista invece alla fine dei tempi.
La musica composta per gli astanti da Edgardo Rudnitzki, e performata al Palagraziussi dal vivo, dove è stata registrata e resa evento, ha visto un acrobata accennare piccoli salti sul tappeto elastico blu, laddove la risonanza delle pelli tese sul tamburo-materasso pareva l’avvio di percussioni per una nuova pacata civiltà.
raffaella guidobono
mostre visitate il 10 giugno 2005
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