Sulle pagine di Le Monde si legge di una Biennale che “féminise la création”. E si ripete ciò che a Venezia era già un refrain sin dal 9 giugno, ossia che è una rassegna allestita con cura e che spesso fa respirare i lavori. Ma “L’esperienza dell’arte” “lascia piuttosto perplessi”, con Tapiès e Bacon deludenti, i testi “poco leggibili” della Kruger e “spagnoli lungi dall’essere dimenticati”. Il problema è però che la mostra non ha letteralmente un senso, è “inutile”, o meglio lo è per il visitatore tipico di una Biennale, che certo non si reca per esempio a Venezia per vedere una collettiva di stampo museale. Giudizio quasi identico per l’Arsenale, dove si sottolinea la presenza massiccia di donne artiste e talora “l’eccesso di femminilizzazione dei contenuti”. Sempre oltralpe, Libération è ben più esplicito: “Più leggibile ma senza audacia […] consacrazioni e non rivelazioni”. Quando si dice che i francesi non sono diretti! Al punto che Le Figaro manco si degna di recarsi in laguna. Ma il giudizio netto e senza appello proviene anche da oltre Atlantico, per esempio dal New York Times. Sullo Herald Tribune invece si appassionano -un po’ come tutti, leggasi Guardian– per il balletto canterino inscenato nel Padiglione tedesco, mentre dimostrano meno entusiasmo per i molti e lunghi (e soporiferi) video al Padiglione Italia.
Un salto in Asia per dare uno sguardo al China Daily, che ovviamente si rallegra per il “tocco orientale” veneziano e assicura che le premesse per uno stabile padiglione cinese sono già gettate in vista dell’edizione 2007. In quel dell’Australia, il Sidney Morning Herald polemizza aspramente con il ministro Helen Coonan, che non si è degnata di passare da Venezia per inaugurare il padiglione occupato dalle sculture di Ricky Swallow.
Sempre da quelle parti, il New Zeland Herald si lamenta per i troppi gadget e advertising. Non tanto quelli ufficiali, ma le varie borsette-bottigliette-invitini che, a parer loro, hanno sconfinato nel cattivo gusto. Vedasi i britannici, of course.
All’Italia, previa la cancellazione del debito campanilistico, prestiamo la giusta attenzione che merita. Anche perché non è il caso di dare troppo spazio al “filosofo” Buttiglione, che prima rilascia dichiarazioni inaccettabili dato il suo ruolo istituzionale e poi, dalle pagine della Discussione, dice che “è una grande Biennale”. Meno male che ci sono Sgarbi e Zecchi a difenderlo dalle colonne del Giornale e del Foglio… Il tam-tam in merito alla scarsa presenza dei giovani artisti italiani è ovviamente l’argomento preferito: da Liberazione al Tempo passando per il Messaggero, quasi non si parla d’altro. Qualcuno è però più attento, come il Corriere della Sera, che addirittura si accorge dell’esordio dell’Afghanistan in laguna e intervista le due curatrici spagnole.
Fra gli articoli più ampi e interessanti, gli interventi pubblicati sul Sole 24 ore (ma certo non Daverio) e sul Manifesto (ma certo non quando gli inviati, mentre molti colleghi aspettavano il proprio turno per accedere ai pc in sala stampa, se la prendevano assai comoda, per usare un eufemismo).
La chiusura, non si può far altro, è per El pais, che titola “Esperienza e trasgressione”. Per poi arrampicarsi sui proverbiali specchi, poiché alle signore conterranee non si possono far troppi sgarbi.
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Il sito ufficiale della Biennale
marco enrico giacomelli
pre[ss]view – scritto e diretto da marco enrico giacomelli
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