In molti si chiedono se questa occupazione nei giorni dell’anteprima della Biennale non sia stata una ricerca di facile pubblicità…
Interno3: Non è possibile parlare di pubblicità, proprio perché nei comunicati informativi non sono stati quasi mai citati i partecipanti. Solo adesso, nel sito, è possibile rintracciare le ombre di ciò che sono state queste giornate.
Baravalle: Penso che l’attivismo odierno debba costruirsi come fenomeno di segno opposto alle spinte neoliberiste, ma pur sempre di natura globale. Ecco perché esso deve scegliere di attraversare con i propri contenuti i momenti, anche spettacolari, in cui la globalizzazione neoliberista si manifesta con maggior chiarezza. Molte sono le singolarità creative che contribuiscono alla formazione dell’evento Biennale e molte di esse possono essere interessate a mettersi in relazione con noi, non solo in quanto singoli, ma anche in quanto realtà attiviste.
Morucchio: Occupare e rendere agibile uno spazio comunale abbandonato da decenni, trasformarlo per cinque giorni in un laboratorio di produzione e ricerca contemporanea è di per sé una profonda espressione artistica collettiva. Ovviamente la concomitanza delle giornate di vernice della Biennale con l’attivazione del progetto Mars Pavilion e la sua locazione sono stati elementi funzionali ad amplificare o se preferisci a pubblicizzare, non tanto i singoli artisti, ma il messaggio-esempio che la realizzazione di un progetto come M. P. puo dare alle istituzioni comunali. Alla Biennale e a quel che rimane del senso civico e della cultura di una cittadinanza oramai conformata alla mono economia turistica.
Gli artisti coinvolti sembrano tutti riconoscersi in un certo schieramento, se non politico, attivista. Quanto ha inciso questo nella scelta curatoriale?
Interno3: Gli artisti che hanno accettato l’invito hanno aderito ad un’idea. Non si tratta di schieramento politico o attivismo. Si tratta semmai di uno sguardo disincantato sul mondo che ci circonda. Uno sguardo conscio di ciò che accade attorno. E a dir la verità non vi è nemmeno stata una vera e propria scelta curatoriale, almeno intesa classicamente.
Baravalle: Non tutti gli artisti coinvolti scelgono un atteggiamento militante, né possono ridursi ad una singola appartenenza politica o ad una corrente specifica. Abbiamo presentato uno spettro di lavori che va dall’attualità politica fino alla riflessione sui linguaggi specifici dei media utilizzati.
Morucchio: Mi sembra che progetti artistici connotati da “attivismo” o “militanza” ormai non possono mancare nelle gallerie più chic, come ovviamente non sono mai mancati alla Biennale. Quindi il punto non sta tanto nell’artista, che pur nelle infinite declinazioni della sua sensibilità, in quanto tale, non può che essere attivista o militante, ma nel contesto in cui gli è dato esprimersi e confrontarsi. Per noi è stato il padiglione Marte.
Marco Beravalle, Interno3 e Andrea Morucchio: competenze diverse o tre sguardi sul contemporaneo?
Interno3: tre sguardi sul contemporaneo con competenze diverse.
Baravalle: Entrambe le cose. Abbiamo impostato il nostro lavoro sul confronto e dunque, inevitabilmente, sul compromesso. Credo sia stato un processo piuttosto positivo, molto utile ad arricchire il risultato finale in complessità e a colmare eventuali lacune dei singoli.
Morucchio: Ci siamo divisi gli innumerevoli impegni in base alle attitudini e alle competenze. Allo stesso tempo abbiamo discusso molto per trovare una visione comune, che forse ancora non abbiamo, di come connotare Mars Pavilion.
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www.marspavilion.org
saramicol viscardi
venezia, 11 giugno 2005
[exibart]
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una contro biennale piu' banale della gbiennale stessa non e' un buon inizio.