Categorie: biennale 2007

FUTU-EROISMO

di - 29 Giugno 2007

La tua prima volta in Biennale. Che cosa presenti?
Il progetto There will be a very beautiful day after tomorrow comincia con la previsione “Ci sarà un bellissimo dopodomani”: Filippo Tommaso Martinetti, fondatore del Futurismo, cercò di rassicurare la figlia con queste parole d’ottimismo, poco tempo prima di morire. Ho voluto trasformare il suo messaggio utopico in una serie di libere associazioni che fanno riferimento alla velocità e al volo, temi centrali nella mia ricerca. È un progetto dinamico fuso con racconti personali e storici, restituiti attraverso forme astratte, disegni e scritte plasmate, sculture, installazioni, video animati. Le quattro sezioni che lo compongono esplorano temi svariati, dall’estetica e gli aspetti politici dell’aeronautica, fino all’atteggiamento dei Futuristi nei riguardi della violenza e al loro conflittuale punto di vista sul ruolo delle donne.

Parliamo di te. Vivi a Nyc da parecchio tempo…
Sono nato a Brescia e cresciuto a Vicenza. Arrivai negli USA grazie ad una borsa di studio Fulbright per un master. Gli stimoli di questa città e della sua scena artistica mi hanno immediatamente travolto, “proibendomi” di tornare. Nyc, nonostante frammentazione e globalizzazione, resta il più vivace centro di scambio culturale.

Dopo la tua personale romana del 2004, da Matteo Boetti, nessun’altro progetto in Italia. Snobismo? Caso? Strategia?
Confesso che, avendo lavorato negli Stati Uniti con illustri musei come il MoMA, e con buone gallerie, come John Weber, mi sono abituato ad un livello di professionalità a cui molti spazi espositivi italiani non sembrano ancora essere avvezzi. Certo, mi piacerebbe lavorare di più in Italia, magari all’interno di esposizioni museali, contesti più adeguati alle mie installazioni.

Il concetto di “volo” ha contrassegnato la tua ricerca negli anni. In che accezione?
Nella fase Beginners del Flying Practical Training il Professore M.a.S insegnava un metodo di volo senza aiuto di strumenti meccanici. Il progetto faceva convergere l’esplorazione del passato della mia famiglia, la mia esperienza come nuotatore, concetti di filosofia occidentale e orientale, tecniche meditative e altri disparati elementi. Il volo era visto come una relazione tra l’immaginario e il reale, riutilizzato in rapporto alla creatività.

Cosa ti affascina del Futurismo e del Fascismo?
Indagando i miti della velocità, della violenza, del culto dell’eroe, connessi all’estetica futurista (che approccio da un punto di vista non-ottimistico e anti-idealista), mi ha colpito il modo in cui il fascismo ne ha attuato una distorsione e una strumentalizzazione. Cerco così di capovolgere la retorica del linguaggio monumentale attraverso diverse strategie: il rallentamento temporale nei video, la caduta dei ritmi e dei miti modernisti, l’aggrovigliamento delle sculture-vettori, il disfacimento dei poster di propaganda, l’uso di colori consunti e di scritte non-eroiche…

Dopo l’11 settembre come si è evoluto il tuo immaginario?
A partire dalla fatidica data il concetto di volo è stato inevitabilmente modificato dalle idee di controllo e di paura. In questo particolare momento geopolitico sento ancora di più la necessità di riflettere sul potere di manipolazione dei sistemi ideologici.

Cos’è un Not-a-Superhero?
È un personaggio alla costante ricerca del momento di massima pienezza del suo superpotere, che ricorda di aver vissuto molto tempo fa. Durante tutta la serie (che ho iniziato nel 1992) non è mai chiaro, però, se questo stato originario di perfezione sia esistito davvero, o se è solo il gioco di una memoria distorta.

Quali urgenze stanno contrassegnando le evoluzioni della tua ricerca?
Sono parecchie le dimensioni che affronto nel mio lavoro, dall’estetico-formale, al cognitivo-esperienziale, dal politico-sociale al ludico e autobiografico. I due video Velocità zero, che costituiscono la terza fase del progetto x la Biennale, danno un’idea di queste stratificazioni. Grazie alla collaborazione con specialisti di patologie del linguaggio, ho registrato diverse persone che soffrono di afasia o balbuzie mentre leggono il manifesto Futurista del 1909. La loro interpretazione del testo ridimensiona l’elogio della velocità e dell’aggressione, e continua la mia rilettura del Futurismo da una prospettiva post-utopistica.

I tuoi maître a penser?
Quando ero studente all’accademia e gareggiavo come mezzofondista, la Fenomenologia della percezione di Merleau Ponty, Il Corpo di Galimberti e le opere di Paul Klee sono stati fondamentali per l’introduzione nella mia arte dell’esperienza del corpo vissuto nel tempo e nel movimento. Poi, nel corso degli anni: Alexander Kojeve con la sua Introduzione alle lettura di Hegel, alcuni libri dei soliti sospetti (Derrida, Foucault, Baudrillard), L’uomo senza qualità di Robert Musil, ovviamente Calvino con le sue Lezioni americane e vari saggi di Lacan.

Puoi incontrare un artista del passato e farci una breve chiacchierata. Chi vorresti?
Winsor McCay. Gli chiederei cosa ha sognato la notte precedente.

Scegli: serata dadaista a base di scacchi con Duchamp, Man Ray e Picabia o decollo con Marinetti e Bielovucic a bordo del velivolo che sorvolò Milano nel 1911?
Opto per un caffé con Kafka…

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www.lucabuvoli.com

helga marsala

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Visualizza commenti

  • Egregio signor Luca Buvoli
    come ti permetti di mettere in discussione la professinalità dell'intera categoria dei galleristi italiani. Nel nostro paese ci sono fior di operatori che lavorano seriamente mettendo al servizio dell'arte energie, capitali ed entusiasmo. Io stesso faccio questo lavoro da 15 anni e sono ancora qui. Vorrei vedere Lei tra 15 anni se farà ancora questo mestiere o altro. E' facile pontificare da una ribalta quale la Biennale di Venezia e per lo più con questa spocchiosità. Ne abbiamo visti di artisti che hanno partecipato alla Biennale e oggi nessuno se li ricorda più. Per favore un pò più di umiltà e rispetto per il lavoro degli altri.
    grazie e distinti saluti

    p.s.
    con questi discorsi ci faccia un piacere: rimanga a NYC non sentiamo la sua mancanza

  • occorrerebbe chiosare con i commenti di sgarbi su buvoli (e il resto) apparsi nel numero di panorama della scorsa settimana. per una volta lo sguardo dello sgarbi nazionale ci vede giusto e con una interessante lucidità.
    il buvoli non ne esce facendo una buona figura! e pure daverio oggi su D donna critica i pochi artisti italiani invitati, tutti facenti parte del 'carrozzone newyorkese'! per quanto poco votati al contemporaneo come pensatori almeno l'occhio lo usano..
    tutto quello spazio dedicato all'ingresso dell'arsenale per un tafernario che pare un pasticciato depero e video mortalmente insopportabili: buvoli, stattene a new york piuttosto di fare lo sforzo postcoloniale di venire a esporre in questa italietta non degna di te!

  • caro giuseppe.
    fai un favore, taci!
    luca ha ragione.
    ste impennate di orgoglio vi rendono solo piu' ridicoli di quello che già siete considerati.
    mancanza di palle, di coraggio, di idee vostre: sono solo realtà.

  • Concordo pienamente con nora + daverio + sgarbi. Arsenale completamente deturpato nella sua parte iniziale. Da bresciano sono rattristato dal vedere miei concittadini (anche se ormai si sentono newyorkesi) come Buvoli e Vezzoli che non apportano niente di nuovo.

    Basta con l'urlato, con gli stereotipi ritagliati ad hoc, le regressioni. Un pò di lirismo, please!

  • i galleristi italiani non esistono a parte alcuni casi sporadici. parlando poi con alcuni artisti nordici (nord europa) abbastanza noti, mi hanno confessato il loro timore a lavorare con i galleristi italiani (nella maggior parte dei casi per paura di essere truffati, proprio per questo cercano di evitarci il piú possibile. questa sará colpa di buvoli o dei galleristi italiani?

  • Vabbè... galleristi italiani a parte... il lavoro di questo artista fa abbastanza schifo. Stitico. Antico. Altro che futurismo quì...

  • Storr ha preso Buvoli alla Biennale solo perchè,insieme ad altri, andavano a mangiare gli spaghetti alla matriciana a NY nella casa di un noto critico italiano.Esistono le prove.

    Quindi il metodo più italiano di sempre (gli amici del quartierino) alla base di questa biennale fintamente di qualità.

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