Più che
scene da un matrimonio, è una scena del crimine. “
I will never see you again!”, minaccia uno specchio nel Padiglione danese, messo in vendita da
Elmgreen & Dragset, curatori di un (con)testo espositivo e insieme narrativo che sconfina nell’attiguo spazio dei Paesi Nordici.
Un lavoro di gruppo che vede impegnati ventiquattro colleghi, fra artisti e designer, per arredare due
environment belli e ironici, griffatissimi e leccatissimi. Un giallo in due capitoli “interattivi” sul tema del collezionismo – passione, ossessione, esibizionismo, mania, feticismo -, prodigo d’indizi per ricostruire una trama tragica, grottesca e vagamente torbida, con o senza l’ausilio del sedicente “agente immobiliare”, che
performativamente guida il tour in casa Danimarca.
Lussuosa e tetra dimora borghese congelata in un inquietante e “bergmaniano”
day after: la camera della teenager è carbonizzata, la scala che porta al soppalco del living distrutta, il tavolo della sala da pranzo, piatti compresi, spaccato; pure le stoviglie della cucina sono franate, idem la famiglia misteriosamente svanita dal focolare domestico.
Miglior sorte non è toccata al raffinato proprietario del luminoso loft ricavato nel Padiglione dei Paesi Nordici, il quale galleggia prono nella piscina all’esterno (“inquadratura” citata
ad libitum nel dipinto di
Vybeke Slyngstad): suicidio o omicidio? Sospetto generato dalle sue palesi predilezioni: una teca di costumi maschili (anche questa è
collezione…), disegni di macho-men stile Village People, foto censurate sulla scrivania dove lo scrittore erotico andava principiando la sua autobiografia.
Serrando i ranghi scandinavi, e sposando il format documentario in voga, riflette sul collezionismo anche
Jussi Kivi, che traveste il piccolo Padiglione finnico progettato da
Alvar Aalto in un Museo del Fuoco e del Soccorso, inneggiando ai pompieri, eroi cari ai bambini e all’artista stesso, che per anni ne ha conservato cimeli. Parte dunque dal dato privato e memoriale quest’archivio temporaneo un po’ cupo e affollato, omaggio all’elemento “prometeico” e civilizzatore; metafora dell’inesausta ricerca che arde gli amanti delle raccolte; romantica nostalgia della fanciullezza; ricordo della Guerra Fredda con relativa minaccia atomica.
Calda l’accoglienza islandese a Palazzo Michiel dal Brusà, dove nei giorni della vernice, in un’atmosfera bukowskiana, si replicava live la jam session filmata strumento per strumento da
Ragnar Kjartansson tra gli scenari mozzafiato delle nevi canadesi, e qui armoniosamente ricucita in una proiezione simultanea.
Oltre a ciò, la trasferta lagunare coincide per il versatile artista con la decisione di traslocare momentaneamente
in situ il suo studio, consacrandosi al ritratto di un unico soggetto: un giovane in costume, birra e sigaretta, nel contesto nobile e malinconico della magione lagunare.
Esercizio retorico – al di là dell’intenzionale
détournement – di buona pittura, che si protrarrà per tutto il periodo della Biennale. The show must go on. Until
The end.