Tommi Gronlund (n. 1967) e Petteri Nisunen (n. 1962) hanno una formazione da architetti e collaborano come artisti e curatori dal ’93. A Venezia i due hanno scelto di coinvolgere la coppia Leif Elggren (n. 1950) e Carl-Michael von Hausswolff (n. 1956) e il norvegese Anders Tomren (n. 1965) per lavorare ad un progetto che, volutamente, si presenta anonimo, essendo il frutto della collaborazione fra gli artisti.
Lo spazio del padiglione è dominato, sulla sinistra, da un schiera di vetri montati su pannelli bianchi, disposti orizzontalmente rispetto all’ingresso, l’uno davanti all’altro. Percorrendo a zig zag la regolare batteria minimale lo spettatore viene sorpreso, ad intervalli regolari, dall’improvvisa mutazione dei vetri che da finestre trasparenti si opacizzano improvvisamente, creando, per un attimo, un senso di piazzamento e di isolamento. Il diaframma attraverso il quale prima l’occhio poteva liberamente vagare ed osservare diviene ora una barriera opalescente che sembra aver ingoiato ogni immagine.
Per tutta la lunghezza della bianca parete opposta una serie di fili d’acciaio sono tesi da un complesso sistema di pinze. Apparentemente immobile, avvicinandosi ci si accorge che si tratta di un meccanismo in moto perpetuo che opera muovendo i fili in senso verticale, sì da creare la sovrapposizione e lo scorrimento di ciascuno dei fili e ottenendo un effetto ottico che inganna l’occhio, impedendogli di determinare la profondità dello spazio e costringendolo, irrazionalmente, a vedere la parete ed il meccanismo come un unico apparato instabile e mutevole. Si tratta, evidentemente, di una rivisitazione in chiave moderna delle tecniche della Op art e dell’arte cinetica degli anni ’60.
Al centro del padiglione gli artisti hanno costruito un ricevitore/trasmettitore che cattura tutte le onde radio che viaggiano nell’atmosfera circostante e le ritrasmette nella sala su una sola frequenza che può essere captata dai visitatori. Un suono omogeneo, continuo, che in realtà contiene in sé, potremmo dire coagulate, tutte le informazioni che, pur circolando intorno a noi, sono impercettibili ai sensi.
Il progetto è completato dalla realizzazione di un catalogo quasi interamente fotografico, con immagini (alcune veramente belle) scelte dagli artisti al quale è allegato un disco in vinile con una collazione di materiali sonori raccolta o prodotta dagli artisti. Quest’opera, nelle intenzioni degli autori, vuole configurarsi come uno scrigno di idee ed atmosfere in relazione con la mostra.
Il padiglione scandinavo fa della contraddizione un suo punto di forza: apparendo, di primo acchito, ispirato ad un totale immobilismo, si svelerà invece tra i più instabili, connotato da un equilibrio che, non appena raggiunto, pare spezzarsi immediatamente per un impercettibile mutamento (sonoro-visivo-cinetico); inoltre è evidente come gli artisti abbiano inteso lavorare sui concetti di visibilità ed invisibilità, coscienza ed incoscienza, sperimentando modelli ambientali che consentono, in questi ambiti, soluzioni inedite.
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Alfredo Sigolo
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