-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Nato nel 1958 a Mortsel (B), Tuymans oggi vive ad Antwerp (B); espone dalla prima metà degli anni ’80 e, pur avendo alle spalle una carriera ormai ben consolidata da una serie di esposizioni in America, Europa e Giappone, in Italia questo artista risulta poco o per nulla presente, se si escludono la partecipazione alla 47a Biennale e alla collettiva, tenutasi nello stesso ’97 a Palazzo Grassi, dal titolo “La pittura fiamminga e olandese”.
Sarebbe interessante indagare i motivi di tale disinteresse nel paese che è stato culla della pittura da sempre e che ha alle spalle una storia di intensi scambi culturali proprio con l’altra grande scuola pittorica europea, quella fiamminga.
Ma veniamo all’esposizione presente, dal titolo “Mwana Kitoko. Beautiful White Man”, che con approccio quasi narrativo affronta il tema della storia coloniale del Belgio, che coincide inevitabilmente con le vicende, anche drammatiche, che portarono all’indipendenza del Congo nel 1960.
Tuymans dichiara con forza l’intenzione di caricare la pittura di significato e, non da ora, ha scelto i suoi soggetti tra i fatti drammatici della storia, cercando di rivisitarli criticamente: la pittura per lui è, appunto ed innanzitutto, strumento critico.
Mwana Kitoko (bel ragazzo bianco) è il soprannome dispregiativo dato dal popolo congolese al giovane sovrano belga Baldovino, il predecessore di Patrice Lumumba, primo capo di governo del Congo libero, assassinato nel 1961 in poco chiare circostanze che non hanno risparmiato al governo belga gravi accuse di responsabilità.
Due ritratti di Tuymans ci mostrano da un lato il sovrano europeo a figura intera, rigido nella sua uniforme candida, il volto anonimo coperto dall’ombra e dagli occhiali scuri; dall’altro lato un primissimo piano del martire africano raffigurato come un giovane intellettuale che tradisce insicurezza e timore. Tuymans ricolloca i fatti storici in una sfera che precede il mito, filtrandoli da ogni attributo eroico od epico acquisito in grazia del tempo, di manipolazioni o strumentalizzazioni.
Recentemente Lumumba sembra destinato a diventare un nuovo simbolo del popolo americano, segnatamente della gente di colore, accanto a Malcolm X, M.L. King, il Che ed altri.
Nel ’99 Ludo de Witte, pubblicando De moord op Lumumba ha ribadito le responsabilità del governo belga nell’omicidio, provocando la riapertura di un caso sepolto e la nascita della Commissione Lumumba, incaricata di investigare sul caso.
Ancor più recente è il successo di un film del regista Raoul Peck, dal titolo Lumumba, presentato al Film Forum di NY e che ha entusiasmato il popolo afroamericano.
Ma Tuymans, nella scelta di interrogare le coscienze sul mito di Lumumba riconsegnando loro una figura inedita di vittima o martire della storia, punta in verità anche al riscatto della storia e della cultura africana, vittima essa stessa di un nuovo rischio, di un nuovo colonialismo di tipo, appunto, culturale. E’ sotto gli occhi di tutti l’operazione in corso per integrare nel gusto e nel mercato occidentali espressioni artistiche provenienti dal terzo mondo. Più che di un processo di globalizzazione dell’arte Tuymans denuncia un’involuzione dell’arte, che porterebbe ad un appiattimento delle culture nazionali verso gli standard commerciali del mondo industrializzato (e non scordiamo che perfino l’arte prodotta dai paesi orientali è stata accusata, in tempi non recentissimi, di essersi piegata a questa tendenza).
Oltre a ciò resta la bella pittura di Tuymans, condotta sapientemente su toni smorzati ma intensi, malinconici ma evocativi. L’artista, negando la possibilità d’una produzione originale, spesso decide di riprodurre (copiare) fotografie, utilizzando la pittura come media capace di trasmettere nuovi significati all’immagine. Passando in rassegna queste tele sembra di sfogliare le pagine di un vecchio album di foto ingiallite: le sue figure ricordano da vicino certe composizioni di Ryan Mendoza, con la differenza che quest’ultimo conduce un’indagine profondamente intima sull’animo umano, mentre a Tuymans interessa piuttosto la coscienza collettiva e riscoprire della pittura la capacità comunicativa e, perché no, educativa.
Articoli correlati
Tutta la 49a Biennale di Venezia su Exibart
Forum e sondaggi correlati
La Biennale: il forum dei lettori
E’ iniziata la Biennale, ci andrai?
Link correlati
Sito ufficiale della Biennale
Biennale24
Alfredo Sigolo
Luc Tuymans: “Mwana kitoko. Beautiful White Man”. Padiglione del Belgio, 49a Biennale di Venezia. Dal 10.VI.2001 al 04.XI.2001. Commissario Jan Hoet, curatore Eva Wottiex. Giardini di Castello. Orari: da martedì a domenica 10.00-18.00; sabato 10.00-22.00.
[exibart]