La grande scritta “Hollywood”, simbolo dello starsystem cinematografico d’oltreoceano, si sta difatti materializzando, lettera dopo lettera – ciascuna alta 23 metri – sulla collina destinata alla raccolta dei rifiuti cittadini. Il risultato si preannuncia decisamente surreale, un corto circuito visivo che non mancherà di sorprendere. La realizzazione dell’opera rientra in un progetto ideato all’interno degli eventi del settore Arti visive della Biennale di Venezia, dove Cattelan è stato invitato per la seconda volta dal direttore, Harald Szeeman, a rappresentare l’Italia.
Cattelan, nato a Padova nel 1960, è uno dei più quotati artisti italiani dell’ultima generazione (la casa d’aste Christie’s ha recentemente battuto una sua scultura per due miliardi) e le sue opere spaziano dal coinvolgimento di performer all’installazione, e sono caratterizzate da un’ironia graffiante e spiazzante, dove il forte impatto emotivo è raccordato a una accurata “messa in scena”.
Per questo nuovo lavoro hai scelto Palermo. Forse perché ti appare la città occidentale più distante da Hollywood?
Hollywood e la Sicilia sono in realtà parenti stretti: Nel bene e nel male, condividono lo stesso destino. Sono luoghi in bilico tra geografia e leggenda.
nutrito l’immaginario di Hollywood.
La collina di Bellolampo, dove verrà collocata la scritta, è il luogo dove vengono raccolti i rifiuti della città… una metafora tagliente per esprimere l’inconsistenza di certi sogni?
La realtà non è mai in bianco e nero: è un complesso di sfumature. E basta poco per trasformare un sogno in incubo. Le immagini dovrebbero riflettere questa complessità: devono essere molteplici. Hollywood è come la vita di tutti i giorni: un misto di gioia e disperazione, di spazzatura e polvere di stelle.
Ogni lettura è lecita, ogni interpretazione è corretta, perché aggiunge nuovi significati alle immagini. Non so come reagirà la città. Ci sarà qualche pettegolezzo, forse qualche protesta. Qualcuno manderà una cartolina a un parente emigrato in California. Qualcun altro ci porterà i figli in gita. Più che altro vorrei che Hollywood diventasse un deposito di memorie: un’immagine alla quale appiccicare un ricordo.
Cinematograficamente, credi esista una relazione tra Palermo e Hollywood che vada al di là dei soliti stereotipi?
Gli stereotipi mi affascinano. Non credo si debba necessariamente lottare contro gli stereotipi. C’è una forza nei luoghi comuni: è la forza dell’ostinazione, di un’immagine che si ripete all’infinito, senza cambiare mai. In questo senso, la Sicilia e Hollywood sono letteralmente dei luoghi comuni: spazi che appartengono all’immaginazione, che appartengono a tutti, e che non cambiano mai, perché sono ormai diventati un’icona, una storia. E allora basta cambiare il posto alle immagini per innescare un corto circuito dialettico.
Cerco semplicemente di collegare luoghi e immagini. È come uno di quei giochi che fai da bambino, quando i tuoi genitori non ti comprano un regalo: prima piangi, poi prendi un oggetto qualsiasi e lo trasformi in ciò che vuoi.
Nelle tue opere è sempre presente una forte componente legata alla spettacolarizzazione e alla “messa in scena”. Senti vicina la velocità del messaggio cinematografico o piuttosto il coinvolgimento emotivo del linguaggio teatrale?
Il teatro è una funzione biologica. Siamo condannati al teatro, a una performance senza fine. Ogni giorno ti svegli, ti metti le scarpe e indossi una maschera. All’ora di pranzo hai già interpretato due o tre personaggi: un sorriso in metropolitana, una smorfia in ufficio, un insulto in macchina… Ruoli diversi, maschere diverse, ogni giorno, ogni minuto. Sto solo cercando di riflettere questa condizione naturale, questa schizofrenia.
Forse è tempo che iniziamo a godere anche dei nostri sintomi.
Mi piacerebbe che la scritta partisse per un tour, come se fosse una rock band. Vorrei che ogni mese si fermasse in una città diversa. Hollywood è di tutti, può crescere ovunque: è uno spazio del desiderio.
Nel frattempo esponi a Venezia un’altra opera, “La nona ora”. Cosa pensi che accadrà? La vicinanza del Vaticano avrà secondo te qualche conseguenza? E’ una sfida voluta?
Non mi piacciono le sfide. Non mi interessano gli scandali. Forse mi sbaglio, ma La Nona Ora mi appare ancora come un’immagine religiosa. Pirandello diceva che la bestemmia attiva il sacro. E non mi preoccuperei troppo della vicinanza del Vaticano: il Vaticano in realtà è il primo stato che non conosce confini geografici, può arrivare ovunque. Lo spirito non teme le distanze.
La tua volontà dissacratoria mi sembra comunque, più che giocosa, profondamente malinconica….
È anche questo che mi affascina di Hollywood: scoprire quanti fallimenti si nascondono dietro una vittoria. Come tutte le immagini, Hollywood è un territorio di incontro, un concentrato di contraddizioni.
Paola Nicita
[exibart]
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Ma tutti gli artisti fanno le opere seriali. Ti ricordo che sotto i NOVE esemplari trattasi sempre di PEZZO UNICO...tze tze
devo dire che questo artista mi sorprende sempre di più. Ho scoperto una persona sensibile ed estremamente vivace intellettualmente...che poi sia un artista, non può ceerto nuocere! e ricordatevi: mai lasciarsi "impressionare".Parola di Talbot!
Trovo assurdo che le sue opere siano seriali...(vedi Nona ora: ne esistono almeno due copie...). Certo che l'avidità umana non ha più confini...me ne torno su in ciel
...PS: Il meteorite non l'abbiamo lasciato cadere noi...lo giuro.
Ti dirò, io ho sentito sempre dire che è una persona tremendamente intelligente. D'altronde non si spiegherebbe altrimenti la forza dirompente a livello del coinvolgimento dei media, del pubblico ecc. delle sue opere. Questa intervista svela la sua gran bella testolina
Concordo. Davvero interessante. Si narrava che questo Cattelan fosse un po analfabetuccio pero' questa volta mi sembra stato molto bravo. O forse è stata brava la giornalista?
Una intervista stupenda!!!!! Complimenti.