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Venezia 2001: la Biennale vista dagli italiani…
Biennale2001
Negli spazi del Padiglione Venezia la Biennale dedica un omaggio ad uno dei più grandi artisti degli ultimi quarant’anni: Alighiero Boetti, una scelta di classe…
E come poteva essere la Biennale degli italiani quest’anno se non l’ennesimo, immancabile omaggio, a qualche illustre e meritevole artista scomparso?
La decisione di Sandra Pinto, Paolo Colombo e Pio Baldi, nominati dall’ex ministro Melandri Commissari per la partecipazione italiana alla Biennale, si è rivelata impeccabilmente diplomatica.
I quattrocento metri quadri disponibili per il Padiglione Venezia, ospiteranno a partire dal 6 giugno una mostra-omaggio all’artista torinese Alighiero Boetti, scomparso nel 1994. Boetti, che esordisce nella seconda metà degli anni Sessanta con un’esposizione alla Galleria Christian Stein (siamo per la precisione nel 1967) intreccia la sua ricerca, fatta di molteplici stimoli provenienti dalla cultura orientale, dalla filosofia e dall’alchimia, con quelle messe in atto, proprio in quegli anni, dal movimento dell’Arte Povera. La produzione di Boetti si distingue per il grande sperimentalismo espressivo, per quella componente newdadaista che insiste sullo sdoppiamento dell’io e sulla reinvenzione dei linguaggi.
Nessuna critica in proposito: un artista come Boetti, decisamente fondamentale per l’arte contemporanea meritava, al pari di De Dominicis, di essere giustamente onorato dalla Biennale, senza dubbio l’unica vera, grande finestra italiana sul mondo artistico internazionale. O se non altro la più conosciuta. Ad ogni modo, non si critica la scelta. Si criticano le motivazioni: Boetti è scelto perché tra gli artisti più rappresentativi degli ultimi quarant’anni, è scelto perché è un artista storico, è scelto perché forse, in effetti, fa comodo.
L’arte italiana, quella attuale, quella fatta da giovani trentenni, è promossa dai curatori stranieri, si autopromuove all’estero, nelle strutture inglesi, francesi, americane. Gli italiani, nell’unico Padiglione veramente italiano della Biennale non la promuovono.
Tirano fuori, ma questo ormai è un classico, i cappotti profumati di naftalina dall’armadio, proponendo cosa? Le famosissime Mappe, che oramai sono presenti ad ogni mostra che abbia per tema il secondo Novecento, gli Arazzi -ogni galleria privata che si rispetti ne ha almeno uno- Autoritratto, che sbaglio o era presente anche alla onnivora mostra Tempo! ?
Certo, ci sono poi la serie di fotografie a tenere alto il morale, e lo splendido Io che prendo il sole a Torino il 19 gennaio 1969, nonché Tubi P.V.C., o Legno e ferro 8, tra le prime opere di Boetti, che costituiscono l’unico motivo per il quale uscire soddisfatti dal Padiglione Venezia.
Nell’insieme il Padiglione Venezia dovrebbe dare, ai meno sprovveduti, l’idea di una cosa un po’ raccogliticcia ed improvvisata. Ma forse chissà, gli esperti si limiteranno a fare spallucce e a ricordare che grande artista è stato Alighiero Boetti, e quanto meritasse, in fondo, la Biennale.
aldo principi
photo© Giorgio Colombo, MIlano
[exibart]
Il grande Alighiero Boetti merita la Biennale sia per essere giustamente onorato, sia perchè uno degli artisti più rappresentativi degli ultimi quarant’anni. Grazie per la mostra omaggio all’artista torinese.
e dopo di Lui il deserto….il nulla più assoluto in questa sottocultura che abbraccia questo paese. Se pensiamo poi a questi ultimi trent’anni in cui sono riusciti persino ad imporre la transavanguardia come modello di novità, d’accordo che come diceva il Grande Metafisico il pubblico è ammaestrato, allora ecco il risultato finale: NULLA NULLA E SEMPRE PIU’ NULLA.Caro Alighiero, purtroppo ci hai lasciato troppo presto!!!