Il potenziale tecnologico
Su questa edizione della Biennale sono in molti ad avere assunto posizioni estremamente critiche rispetto all’uso smodato delle tecnologie digitali come mezzo per enfatizzare la visione, dunque come puro strumento di rappresentazione le cui potenzialità di grande impatto visivo finiscono per diventare l’“architettura” stessa, rubandone contenuti a favore di un’illusione estetica pura che divaga e rapisce dentro mondi fluidi e accattivanti. Se il potenziale tecnologico possiede un risvolto estetico marcato non è per questo che deve essere allontanato: sarà invece importante ancora una volta comprendere l’ampiezza di un fenomeno che riguarda l’evoluzione del nostro modo di vivere e di abitare spazi, di decifrarne nessi e poetiche, di leggerne ancora possibilità di riuscita in senso “evidentemente” sempre più artificiale/artificioso. La valenza estetica di tutto questo potrà solo costituire un incentivo in più nel processo di analisi-apprendimento di un fenomeno non superficiale del nostro tempo.
Vorrei perciò evidenziare la peculiarità di un momento storico in cui viene dato ampio spazio alla sperimentazione tecnologica sia come mezzo di rappresentazione (soprattutto in questo senso) che come mezzo di “studio elaborato” della forma architettonica, con tutti i rischi che questo comporta. Occorre infatti distinguere tra il gioco puro, la ridondanza del gesto creativo e invece l’opportunità di iniziare a considerare dimensioni etico-estetiche assolutamente innovative, dove i messaggi possono essere resi al meglio della confidenza visuale, premere sui nostri stati d’animo addormentati, generare nuovamente emozioni, avvicinarci (avvicinare il pubblico più vasto) al tema della progettazione contemporanea come in tutte le esposizioni di carattere internazionale dovrebbe succedere. E i mezzi? I mezzi saranno ovviamente quelli più attuali, quelli oggi più in grado di fare “parola”; inutile allora demonizzare tutto questo, occorre solo cogliere – questo il suggerimento di carattere etico – la ricchezza (anche la ridondanza) del potenziale tecnologico che oggi caratterizza il nostro presente. È con essa fare i conti sia per difenderne nuove trame di discorsività sia per tenerne lontani carattere effimero e volontà depauperatrice dell’effettualità progettuale.
Quest’ultima resta evidente a partire dalla sua carica di “trasformazione” della realtà. Mutazione è una collezione di immagini molto eloquenti che testimoniano la trasformazione subita da un edificio parigino durante tutto il 1999 fino agli inizi del 2000. Come spiega Philippe Gazeu: «Le immagini presentate non sono semplici illustrazioni, quanto invece la ricerca di un periodo di trasformazione fisica e di uno spazio che è in costante rottura con se stesso, uno spazio in mutazione.
Memoria di un progetto perdutosi nel tempo, queste immagini ci consentono di osservare e comprendere come le operazioni che si susseguono o che avvengono nello stesso momento siano esse stesse dei progetti che riguardano l’esistenza, il desiderio o il piacere stimolati dallo sconvolgimento rappresentato dal progetto architettonico nel suo insieme»(6)
Révélateur – Strumenti tradizionali EVOLUTI
Strumenti che agiscono sul tempo, sull’architettura del tempo trascorso, sulla esattezza visiva di pietre immobili affondate nella laguna: sono alcune installazioni nello spazio delle Gaggiandre, i cantieri acquatici costruiti alla fine del ‘500 da Jacopo Sansovino, uno dei luoghi più suggestivi tra gli spazi recuperati per questa Biennale dove acqua pietra e qualità dei suoni comprimono il pensiero in uno stato d’animo compatto.
«Dal momento in cui si installa la macchina fotografica in un certo punto, lo spazio attorno ad essa si converte in un palcoscenico aperto sia alla realtà che alla finzione. Le persone possono entrare e uscire da questo palcoscenico o anche riapparire in un secondo momento e possono ricostruire, assieme agli elementi fortuiti presenti nell’immagine e all’ambiente architettonico del paesaggio urbano, la complessità della vita di ogni giorno, dare forma ad un’allegoria o ad un’illusione in codice ad un evento specifico»(7)
Davanti a una macchina fotografica fa gioco l’intimità “bella” delle ragazze.
Patrizia Mello
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