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Quasi sei ore di film, tre interruzioni, sala piena al principio, quasi dimezzata alla fine. Ancora non ho capito se le persone sono andate via perché stanche del film – la signora vicino a me per esempio è uscita alla fine della prima interruzione perché mi ha detto essersi sentita presa in giro dall’artista- o se il film non li ha convinti. Ho ascoltato diversi pareri, ho letto qualche commento, eppure nonostante le tante ore passate non ho le idee ben chiare. Il film sembra avere una cupezza diversa dai precedenti, ogni non storia che Barney prova a non raccontare finisce con un evento tragico, drammatico. Non è nemmeno pensabile provare a tracciare una sinossi dei tre tempi, sono storie complesse, spesso nonse.
L’unica cosa chiara è che ci sono delle contaminazioni con il libro di Norman Mailer, sebbene non sia semplice trovarne il filo conduttore. Mailer è un racconta storie, Barney le disgrega. Eppure in questo caso ci sono dei momenti in cui una trama è rintracciabile, momenti in cui gli attori sembrano evocare il ruolo che normalmente hanno con altri registi. Barney, attore anch’egli nel film, ritorna su alcuni cliché gia visti nei film precedenti, rendendo dei momenti ridondanti, ma che probabilmente aiutano gli spettatori in questa visione così composita. Parti molto lunghe di una musica bellissima, espressa da voci eccezionali, consegnano a questo lungometraggio una vocazione quasi da opera musicale; certe scene invece sono talmente apocalittiche che sembrano strizzare l’occhio ai filmoni americani, nei quali però manca quel pathos che invece in River of Fundament troviamo ogniqualvolta una scena parossistica sta per essere raccontata con le immagini.
Troppa carne al fuoco? É Barney baby!
Ottima recensione. Complimenti! Ho potuto vedere solo il trailer dell’opera ed è abbastanza inquietante.
La fotografia effettivamente sembra particolarmente efficace.
E complimenti soprattutto per la resistenza nel vederlo tutto…
Lucio (incompetente e prosaico)