Il bello di partire prevenuti su un’idea, su un progetto, è
quando capisci che hai sbagliato e ti devi ricredere. M piace quando avvengono
cose che mi portano a ripensamenti, in fondo è il bello della vita. È stato
così per l’ultima mostra al Macro. Sono andata, come è successo le ultime
volte, con la certezza quasi matematica che tutto sarebbe stato noioso, poco
nuovo o interessante. Appena arrivata invece ho visto un numero di persone molto
più alto delle volte precedenti, e questo era già un sintomo positivo, perché se
c’è una cosa brutta di un museo è quello di vederlo vuoto. Tanta gente, tanti giovani. Ho pensato che il
motivo fosse perché si inaugurava una mostra collettiva con tante persone. Se
il motivo in parte può essere questo, la realtà è che la mostra era davvero
interessante. Dall’oggi al domani, 24 ore di arte contemporanea, titolo di boettiana memoria, insiste sul tema del tempo, che pare rimanere ancora oggi
uno dei più interessanti per gli artisti. Molte le partecipazioni, più di
settanta. A me non è parso che il tema fosse esattamente quello del tempo, ma
probabilmente in una mostra con così tanti artisti è difficile dare una
collocazione logica per tutto ciò che si trova all’interno del concept. Però mi
è piaciuto per esempio trovare al principio del percorso- o forse alla fine-
un’opera davvero interessante di Daniele Puppi, realizzata per l’occasione, in
totale adesione con il tema. Si sa che Puppi è un bravo artista, e che i suoi
video sono sempre di grande impatto visivo e uditivo, ma stavolta, come
direbbero i giovani, spacca. Già da fuori si sentiva l’audio del suo video,
presentato su un grande monitor. Due visioni giustapposte, da un lato Psyco di
Hitchock, dall’altro il remake di Gus Van Sant del 1998. Una percezione
dell’immagine completamente cambiata, velocizzata, quindi un tempo diverso da
quello reale. ” Quando lavori in uno spazio, ti confronti con il tempo, ed è un
tempo diverso che è quello che va vissuto nello spazio stesso”, ci racconta
Daniele.
La cosa probabilmente più interessante
di tutta la mostra è la varietà di tecniche utilizzate, espressioni multiformi
quali le più conosciute pittura fotografia, video, fino alla diaristica, al
ricamo, alla performance (vedi Chiara Camoni).
Ma ciò che più mi ha colpito è la presenza imponente di disegni, di ogni
tipo e fattezze. E questa cosa mi ha colpito favorevolmente, perché è bello
vedere che gli artisti ancora amano abbandonarsi alla prima pratica artistica,
quella manuale appunto.
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