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Se avete studiato storia dell’arte, al liceo, o anche all’università, ricorderete certamente la foto dei famosi cavalli di Kounellis. Foto del grandissimo Claudio Abate, che io però allora non sapevo chi fosse. Se avete visto quella foto sull’Argan, vi ricorderete l’emozione al solo pensiero di un atto così rivoluzionario. Se avete visto quella foto, sicuro per un attimo della nostra vita avrete pensato con invidia a di chi in quegli attimi stava vivendo un momento storico, un’azione unica, incredibile.
Se avete visto quella foto di sicuro siete venuti venerdì all’Attico, anzi ex attico, a Vla Beccaria, a Roma. Nel percorrere quella discesa mi sono immaginata quel momento, questo cavalli austeri, vigorosi, che scendevano in questo luogo chiuso e singolare. Io sono una nostalgica di quegli anni, ed oggi, con la morte di Kounellis lo sono ancora di più. E dunque mai mi sarei persa un evento di così grande portata. Entrare, solcare l’ingresso di un luogo dove c’è stata la storia dell’arte contemporanea, italiana e non. E non importa se ora quel luogo è quasi irriconoscibile, più piccolo, suddiviso in box per macchine. A ricordarci le emozioni le sensazioni di un’epoca che mai più ritornerà è bastato il documentario di Fabiana Sargentini sul padre Fabio Sargentini, il deus ex machina di tutto ciò. Fabiana in un modo assai intimo e personale ha raccontato e rivissuto, oramai nel lontano 2003, quell’incredibile stato sublime che era allora l’arte contemporanea. E mi chiedo: ritorneremo mai così?