A Bologna, il visitatore che dovesse passare nell’anonima ma pur centrale via Riva di Reno, proprio di fronte alla Cineteca Nazionale finirebbe per imbattersi in un moderno edificio, sede attuale dell’Istituto Veritas Splendor. Se –incuriosito– decidesse di affacciarsi alle grandi vetrate dell’istituto per curiosare l’interno dell’insolita costruzione, vedrebbe –probabilmente stupito- alcune pregevoli sculture di Martini, Manzù, Messina e molti altri. Se la curiosità dovesse prevalere, questa persona avrebbe probabilmente trovato un modo interessante di passare parte della sua giornata…
L’edificio, risalente alla metà degli anni Cinquanta ma completamente ristrutturato per merito della Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna, ospita infatti su ben 4 livelli la Raccolta Lercaro, così chiamata dal nome del suo fondatore, il Cardinale Giacomo Lercaro. Si tratta di oltre 1800 metri quadri -senza contare il giardino e i terrazzi che pure ospitano delle opere- l’allestimento museale è stato eseguito su progetto dell’architetto Emilio Rambelli e dell’ingegner Gianluca Bonini, che molto hanno puntato tutto su un’illuminazione naturale e diffusa, la migliore per valorizzare le sculture che costituiscono la quasi totalità della collezione.
Inaugurato lo scorso anno –prima le opere erano ospitate a Villa S. Giacomo, sede attuale della fondazione- questo nuovo museo cittadino è senz’altro uno dei più importanti a livello nazionale, per le lo meno in ambito scultoreo, e sorprende che sia ancora così poco conosciuto.
La raccolta, che ora conta oltre 1500 opere (escluse le opere grafiche) tra dipinti e soprattutto sculture esposte a rotazione, nacque nel 1971 quando, in occasione dell’ottantesimo compleanno del cardinale, quattro noti pittori bolognesi, Ilario Rossi, Pompilio Mandelli, Enzo Pasqualini ed Aldo Borgonzoni, regalarono al cardinale alcuni loro lavori. Questo nucleo originario d’opere ben presto s’ampliò, soprattutto per merito di monsignor Fraccaroli -segretario del cardinale prima e presidente della fondazione poi- il quale fece confluire nella raccolta numerose donazioni di artisti e collezionisti, senza mai cercare di legare la collezione ai soli temi sacri.
All’abbondanza di opere raccolte corrisponde una generale buona qualità delle stesse, riferibili ai più importanti nomi della storia dell’arte italiana (ma non solo) dell’Otto e Novecento. Si guardi ad esempio il nucleo degli scultori italiani, numericamente il più rappresentativo: 4 ritratti di fanciulli di Medardo Rosso, 9 Marino Marini, 10 Arturo Martini, ben 23 Manzù, senza contare i numerosi Messina, Murer, Bodini, De Chirico, Vela, Grandi, Gemito, Wildt, Mirko, Zauli e molti altri ancora.
Tra gli artisti d’oltre confine, anch’essi assai numerosi, citiamo solamente, perché anche
Se ci limitiamo ai nomi -e noi stessi nell’elencarli ci siamo limitati!- è perché questa raccolta, al di là della pur garantita qualità ed importanza delle singole opere, assume una vera e propria valenza antologica della scultura moderna, senza dimenticare -a proposito di studio- che il museo dispone di una biblioteca di storia dell’arte, purtroppo ancora poco utilizzata, con oltre 10000 volumi.
Tornando alle opere, la specificità scultorea non mette in secondo piano l’importante nucleo di dipinti esposti: lavori di Mancini, del Balla prefuturista (di quello futurista sono presenti 17 cartoline ad acquarello e matite colorate), di de Pisis, Guidi, Ciangottini, Cagli, Guttuso, Sassu, Fiume, Carena, Maccari, Cascella ed altri. Non meno prestigioso il nucleo prettamente bolognese della raccolta, esemplificato da nomi quali Morandi, Saetti, Corsi, Bendini, Leoni. Romiti, Pozzati, Mascellani, Rossi, Borgonzoni e Cleto Tomba, del quale è presente un esemble delle sue giocose terrecotte.
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duccio dogheria
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luogo assolutamente da fruire..tutte le nostre città dovrebbero avere di simili spazi..
roberto matarazzo