L’artista si serve della classica tecnica dell’olio su tela, in linea con le istanze di quegli artisti che, nell’ultimo scorcio del secolo XX, hanno riscattato la tradizionale tecnica pittorica come strumento idoneo a rappresentare l’età contemporanea, il gruppo transavanguardista in testa.
Zamboni dimostra che la ricerca tecnica e la sperimentazione stilistica possono produrre con successo suggestioni che vengono, in genere, affidate a materiali e supporti non tradizionali. In particolare oggi si è compiuto l’affrancamento della fotografia dalla sfera delle arti minori, ricetto nel quale era relegata credo, a causa della sua vocazione originaria di strumento di registrazione documentaria del mondo reale, privata dunque di vera attitudine artistica. L’arte si è servita anche in passato di questa tecnica: la Body Art e la Land Art documentarono performance e opere con foto, che però acquistavano dignità artistica solo in conseguenza dell’evento rappresentato, come traccia dell’atto creativo. Oggi invece le tecnologie fanno, della fotografia, uno strumento autonomo con cui l’artista produce arte senza che questa preesista allo scatto dell’otturatore.
Zamboni rapisce dalla propria mente immagini fugaci, indefinite, e le ferma sulla tela con l’obiettivo pittorico. Ora lo spettatore vorrà soffermarsi cercando inutilmente di distinguere i particolari, interrogandosi sulla presenza di quei fantasmi scuri, fusi con gli oggetti inerti. I toni del bianco e del nero sono smorzati dalle molteplici gradazioni del blu, a formare effetti monocromi L’osservatore sarà spinto ad aguzzare la vista per interpretare le torbide scene, specie quelle delle tele microscopiche, quasi una riedizione delle capitali dei codici miniati. Ma se in quelli si manifestarono la raffinata minuzia dei particolari disegnati e l’abilità cromatica degli artisti, qui si mira propedeuticamente a reinsegnare ad osservare; più in là si potrà, forse, re-introdurre una disciplina iconografica. E’ un invito all’uomo a rallentare, ad osservare gli accadimenti quotidiani e a non trascurare il consueto, vittima del fascino delle false immagini dai colori squillanti della pubblicità e dei mass media.
Il Bargellini ha un po’ furbescamente giocato sul facile ammiccamento della pittura di Zamboni per blandire il numeroso pubblico. Avremmo voluto che, in occasione dell’inaugurazione, qualcuno si fosse preso la briga di introdurre la visione delle opere. Alla presentazione è stato preferito il ricco buffet che ha rischiato, per conto mio, di spostare l’attenzione dall’evento artistico a quello pubblico, conviviale e godereccio, invalidando il messaggio dell’artista.
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