Un centinaio di stampe, libri, medaglie e calchi illustrano, distribuiti in 5 sezioni, la “fortuna” di Sigismondo e del suo Tempio, a partire dalla fine del Cinquecento quando inizia a manifestarsi la nostalgica esaltazione della Signoria malatestiana, documentata concretamente agli inizi del Seicento dall’opera da Cesare Clementini, che ripercorre la storia della potente famiglia. La curiosità e l’erudizione del Settecento sono alla base del forte interesse che si sviluppa intorno ai personaggi ed alle vicende malatestiane, sfociando in studi, ricerche d’archivio, indagini che non risparmiano neppure i sepolcri. Nel clima di rinnovata attenzione per l’antico, il Tempio viene assimilato ai grandi monumenti romani della Città, annunciando il dibattito sulle valenze pagane o cristiane dell’apparato decorativo, dibattito che investirà l’Ottocento ed il Novecento.Nell’ambito del XIX secolo il Tempio malatestiano, riconosciuto emblema dell’arte rinascimentale italiana, assurge a fama internazionale anche grazie all’ammirazione da parte di Napoleone che eleva la chiesa a cattedrale della Città. Ma l’aspetto che più intriga la gente comune, è la lettura erotica-sentimentale della costruzione e del suo ricco simbolismo, esaltata agli inizi del ‘900 da Gabriele D’Annunzio e Adolfo Venturi. Lo spirito romantico che pervade le vicende e l’arte malatestiane, appanna, a livello locale, le voci e le scoperte di insigni studiosi, e l’importanza del monumento, come sminuita dalle difficoltà della guerra.
Una sezione della mostra è riservata alle ricostruzioni ideali del Tempio, che si fondano sostanzialmente sulla documentazione offerta dalla medaglia con l’ipotesi progettuale di Leon Battista Alberti resa da Matteo de’ Pasti. Le opere, provenienti da collezioni pubbliche e private, documentano il lungo percorso della “fortuna” malatestiana, idealmente convogliando il visitatore alle iniziative culturali che la Città si prepara a dedicare a Sigismondo ed al suo Tempio.
(Dal comunicato stampa)
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