Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
23
ottobre 2009
fino al 10.I.2010 Giovanni Boldini Ferrara, Palazzo dei Diamanti
bologna
L’uomo giusto al posto giusto nel momento giusto. Una mostra ricorda il soggiorno di Boldini a Parigi, coinciso con gli anni esplosivi dell’Impressionismo. Storia di un successo costruito con grande mestiere...
Chiusi gli ombrellini e affondate le ninfee à la Goldin, la sempiterna vena aurifera
dell’Impressionismo offre, per la collezione autunno-inverno, i panni
sciacquati in Senna di Giovanni Boldini (Ferrara, 1842 – Parigi, 1931), in una mostra che
accende i riflettori sul lungo e proficuo soggiorno parigino dell’artista
ferrarese. È il resoconto di quindici anni passati a scorrazzare per la ville
lumiére, dal 1871
all’86, giusto il tempo per assistere all’esplosione di Monet e soci, per frequentare Degas, per adeguare un linguaggio
formulato con “la macchia” a nuove suggestioni.
La curatela di Sarah Lees offre una panoramica multilayer: al dipanarsi cronologico delle
sezioni – al nucleo vero e proprio della mostra non mancano un prologo e un
epilogo, giusto per vedere “il prima” e “il dopo” Parigi – fa eco un’indagine
per temi, che affronta con precisione da entomologo la molteplicità dei soggetti
trattati da Boldini. Non solo ritratti, quindi, ma soprattutto paesaggi e scene
di genere, per un confronto che permette di assimilare la capacità dell’artista
di affrontare modelli – e maestri – tra loro diversi.
Il ponderoso lavoro critico di Lees, presentato in
catalogo, offre testi e documenti originali a conferma della necessità, da
parte di Boldini, del contatto diretto con altri artisti; della sua volontà di
nutrire il proprio lavoro accogliendo stimoli e suggestioni da chiunque vivesse
d’arte.
Pittori, quindi, ma anche collezionisti e mercanti:
proprio lo studio analitico dei registri di Goupil, primo “spacciatore” in
terra di Francia delle tele di Boldini, permette in questa sede di ricostruire
il suo atteggiamento nei confronti del lavoro, inteso sia come agire artistico
che come semplice e prosaico fattore economico.
Ed è qui che emerge il ritratto del Boldini mestierante:
dalle note quasi ossessive con cui comunicava agli amici i propri progressi,
misurandoli in massima parte in quadri venduti, prima ancora che in consenso di
critica o soddisfazione intima. Ed è dunque forse da ricercare proprio qui,
nella spasmodica ricerca di caratterizzazione sul mercato, una certa coerenza
nella sperimentazione di generi tra loro così diversi. Ed è sempre qui che
possiamo intuire la scelta definitiva di dedicarsi, con la maturità, al certo
remunerativo ambito della ritrattistica.
Una visione tanto prosaica potrà far accapponare la pelle
alle anime candide. Torniamo quindi all’arte per l’arte, e guardiamo a un dato
stilistico trasversale, che cuce insieme tutte le opere parigine di Boldini: è
un certo occhio ben più che fotografico, addirittura cinematografico.
Si lasci da parte ogni trita considerazione sulle
influenze tra fotografia e arte figurativa nel secondo Ottocento; si nascondano
i documenti che dimostrano come Boldini si servì di foto per elaborare alcuni
suoi esterni.
E ci si lasci catturare dal taglio eversivo della
composizione, dall’insistita ricerca della dinamica, dal coraggioso uso del
primo del piano (vedi l’invasivo dettaglio del contrabbasso in A teatro). Siamo al punto che Place Clichy
(1874) sembra
preconizzare Sergio Leone.
dell’Impressionismo offre, per la collezione autunno-inverno, i panni
sciacquati in Senna di Giovanni Boldini (Ferrara, 1842 – Parigi, 1931), in una mostra che
accende i riflettori sul lungo e proficuo soggiorno parigino dell’artista
ferrarese. È il resoconto di quindici anni passati a scorrazzare per la ville
lumiére, dal 1871
all’86, giusto il tempo per assistere all’esplosione di Monet e soci, per frequentare Degas, per adeguare un linguaggio
formulato con “la macchia” a nuove suggestioni.
La curatela di Sarah Lees offre una panoramica multilayer: al dipanarsi cronologico delle
sezioni – al nucleo vero e proprio della mostra non mancano un prologo e un
epilogo, giusto per vedere “il prima” e “il dopo” Parigi – fa eco un’indagine
per temi, che affronta con precisione da entomologo la molteplicità dei soggetti
trattati da Boldini. Non solo ritratti, quindi, ma soprattutto paesaggi e scene
di genere, per un confronto che permette di assimilare la capacità dell’artista
di affrontare modelli – e maestri – tra loro diversi.
Il ponderoso lavoro critico di Lees, presentato in
catalogo, offre testi e documenti originali a conferma della necessità, da
parte di Boldini, del contatto diretto con altri artisti; della sua volontà di
nutrire il proprio lavoro accogliendo stimoli e suggestioni da chiunque vivesse
d’arte.
Pittori, quindi, ma anche collezionisti e mercanti:
proprio lo studio analitico dei registri di Goupil, primo “spacciatore” in
terra di Francia delle tele di Boldini, permette in questa sede di ricostruire
il suo atteggiamento nei confronti del lavoro, inteso sia come agire artistico
che come semplice e prosaico fattore economico.
Ed è qui che emerge il ritratto del Boldini mestierante:
dalle note quasi ossessive con cui comunicava agli amici i propri progressi,
misurandoli in massima parte in quadri venduti, prima ancora che in consenso di
critica o soddisfazione intima. Ed è dunque forse da ricercare proprio qui,
nella spasmodica ricerca di caratterizzazione sul mercato, una certa coerenza
nella sperimentazione di generi tra loro così diversi. Ed è sempre qui che
possiamo intuire la scelta definitiva di dedicarsi, con la maturità, al certo
remunerativo ambito della ritrattistica.
Una visione tanto prosaica potrà far accapponare la pelle
alle anime candide. Torniamo quindi all’arte per l’arte, e guardiamo a un dato
stilistico trasversale, che cuce insieme tutte le opere parigine di Boldini: è
un certo occhio ben più che fotografico, addirittura cinematografico.
Si lasci da parte ogni trita considerazione sulle
influenze tra fotografia e arte figurativa nel secondo Ottocento; si nascondano
i documenti che dimostrano come Boldini si servì di foto per elaborare alcuni
suoi esterni.
E ci si lasci catturare dal taglio eversivo della
composizione, dall’insistita ricerca della dinamica, dal coraggioso uso del
primo del piano (vedi l’invasivo dettaglio del contrabbasso in A teatro). Siamo al punto che Place Clichy
(1874) sembra
preconizzare Sergio Leone.
articoli correlati
Intervista con Andrea Buzzoni
francesco sala
mostra visitata il 19 settembre 2009
dal 19
settembre 2009 al 10 gennaio 2010
Boldini nella Parigi degli Impressionisti
a cura di Sarah Lees
Palazzo dei Diamanti
Corso Ercole I d’Este, 21 – 44100 Ferrara
Orario: tutti i giorni, ore 9-9
Ingresso: intero € 10; ridotto € 8
Catalogo Ferrara Arte Editore
Info: tel. +39 0532244949; www.palazzodiamanti.it
[exibart]
ho visitato il 27.12.09, la bella e ben organizzata mostra su Boldini. Però sul catalogo risulta ben cinque quadri, che nella mostra non ci sono.
Uno di questi, lo trovato al Museo Boldini.
Ho chiesto delucidazioni ai vari addetti, ma nessuno è riuscito a darmi una motivazione.
saluti
Maurizio Bergo