La parete frontale all’ingresso è animata da tanti oggetti articolati, tutti giocati sui toni del rosso. Vari materiali, vari riflessi di luce accompagnati da ombre generose. Nelle altre sale prosegue la sequenza delle opere, distinte per colore, uno su ciascuna parete. Sculture come composizioni, elaborati organismi formati da oggetti d’uso quotidiano, creati attraverso successive agglomerazioni, condensazioni, manipolazioni, avvitamenti, torsioni. Accumulazioni, avrebbero detto i Nuovi Realisti francesi qualche anno fa. Cannucce, matite, gomitoli, matasse, pastelli, carte, si raggrumano in queste opere, per poter essere raccolte, vissute, oltre che guardate.
Sono presenti anche le prime opere (1989/90) di Paola Pezzi (Brescia, 1963), palesemente eredi della tradizione poverista,
Lavori ibridi di materia grezza, più silenziosi ed introversi, poi evoluti (senza però perdere il tratto riconoscibile, la tridimensionalità compressa, ma esplosiva e vitale, che costituisce il suo stile) in una fase pittorica dedicata alla scoperta del colore e nel successivo periodo scultureo policromo. Brillanti sovrapposizioni di sculture centrifughe create con piccoli oggetti, di cui viene esplicitata la potenza espressiva grazie al gesto. Ma la disposizione gestuale di questi elementi non si riesce a percepire se non immaginando l’opera in perenne rotazione. Momento creativo e opera si identificano in un unico gesto/oggetto continuo che ne condensa il dinamismo. Dinamismo radiale contraddetto da alcune opere recenti, caratterizzate dall’uso di polistirolo, carta e matasse di cotone, in cui prevale la forza centripeta, l’implosione, la contorsione, il ripiegamento dell’opera su se stessa.
Come scrive Luca Beatrice nell’introduzione al catalogo ” ogni cosa viene compressa all’interno di uno schema non dilatabile, corrispondente all’incirca alla possibilità di essere tenuta fra le mani. La moltiplicazione si ha nell’invasione progressiva dello spazio parete, per cui si potrà parlare di opera installata da fruirsi, al meglio, nella totalità e non nel singolo episodio”.
federica bianconi
mostra visitata il 11 ottobre 2003
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