“Ogni cosa rappresa” è il titolo del nuovo progetto espositivo di Giulio Saverio Rossi (Massa, 1988) che torna a Bologna confrontandosi per la prima volta con gli spazi di CAR Drde. L’artista, formatosi a Torino ma ultimamente molto attivo in Emilia Romagna, pone al centro della mostra la matericità: sia della città in cui espone sia della pittura, suo primo amore creativo; quindi Bologna e il gesso, peculiarità paesaggistica predominante ma anche fonte di imprimitura della maggior parte delle tele. Rossi sviscera il mondo artigiano del fare pittura, fino a metterne in discussione il suo divenire poi in mostra “sintetizza la secessione del visivo dal reale nella parabola di un blocco di selenite”, come scrive Gabriele Tosi nel testo critico che accompagna i lavori.
Sei dipinti di medie dimensioni, tele che evidenziano come intorno alla pittura ci sia un mondo millesimato di materia e di invisibili strati dove in primo piano c’è la selenite, ma non si vede.
La pittura di Rossi, come anche la ricerca che accomuna tutti gli artisti proposti dalla galleria, è fatta di esperienza ed è a partire da questa chiave di lettura che è necessario affrontare le tele, scrutarle e osservarle: strati di esperienze collezionate dall’artista, esperienze chimiche in divenire nei due più grandi lavori di sinistra, Ogni cosa rappresa #1 e #2 o esperienze visive, come in Sub-versione (Friedrich) dove Rossi affronta “Il Naufragio della Speranza” (1824) e tratta la natura di Friedrich in modo analitico e certosino per poi annebbiarla. Quindi finalmente il ritratto del protagonista della mostra, il gesso nella sua più sottile varietà cristallina: Gipsoteca (selenite) è l’unico lavoro ad acquistare tridimensionalità, seppur labile, che poi rivendica brillando in Gipsoteca (polvere). Quella forma di pietra che aleggia nello spazio grigio della tela, ricorda una recente opera dell’artista: Legno torto e di nuovo natura e cultura tornano a mescolarsi. Rossi ne fa esperienza, lavora i due concetti in una scultura, quindi afferma: “Legno torto è un’immagine usata da Kant per definire l’inclinazione ad una distorsione etica insita nella natura umana: per quanto l’uomo si sforzi nella sua condotta la natura stessa di cui è fatto lo porta ad inclinarsi, esattamente come il legno che aderendo alla propria legge di natura finisce per storcersi.”
Giulio Saverio Rossi, Gipsoteca #2, olio su tela, 2018
Viviamo in un tempo storico in cui le immagini rappresentative corrono e scorrono sotto i nostri occhi, più di quanto istintivamente chiediamo che avvenga. E dove si inserisce la pittura? Oggi un “iper-figurativismo” torna alla ribalta – perché forse non ci ha mai abbandonati – e quello che ci comunica sono echi corposi di un Seicento più sgraziato e un Cubismo meno aggressivo: il colore sembra olio e impasto. È l’uomo che spinge, che ha bisogno di dire, di essere, di apparire per essere. La pittura di Rossi attua un procedimento inverso: prima di essere, di dire, di apparire, accumula esperienza materica, ricerca scientifica, sedimenta i suoi strati sulla tela e poi ne confonde le tracce. L’artista sembra mettere in discussione la rappresentatività del mezzo pittorico e lo fa con la pittura stessa.
Quando andrete a vedere la mostra, cercate di non leggere nulla in sede ed entrate a testa alta con il bisogno di osservare; lasciarsi condurre dalle storie di ogni dipinto è l’esperienza finale, deduttiva conclusione di un progetto espositivo di questo tipo. Apparentemente vi sembrerà di vederci sfocato o di vederci poco o poco chiaramente, ma quando uscirete, sembrerà che qualcuno vi abbia raccontato una storia, fatta di tante altre storie, anche se voi non ne avrete vista nessuna.
Flavia Montecchi
mostra visitata il 18 novembre
Dal 17 novembre 2018 al 12 gennaio 2019
Giulio Saverio Rossi. Ogni cosa rappresa
CAR Drde
Via Azzo Gardino 14a
40122 Bologna
Orari: Mercoledì-Sabato 15-19:30 e su appuntamento
Info: office@cardrde.com Tel: 051 9925171