Esistono territori inesplorati della storia dell’arte europea, il cui valore estetico e culturale è indubbio, ma che faticano ad essere apprezzati dal grande pubblico poiché fuori dai soliti circuiti turistici. La mostra a Palazzo Diamanti esplora i sentieri ancora segreti della tradizione figurativa nordica, che per significato storico e artistico interesseranno sia l’appassionato sia lo studioso. Suddivisa in sezioni cronologico-tematiche, si snoda dal romanticismo sublime di Johan Christian Dahl, a quello pervaso da ideali nazionalistici degli artisti che lavorarono intorno al 1850, fino alla pittura ispirata dall’arte francese impressionista e simbolista. Le opere di Dahl, amico del romantico tedesco Friedrich sono contraddistinte da paesaggi silenziosi e disabitati; Inverno nel fiordo di Sogn è una rappresentazione della realtà nitida e spietata lontana da ogni suggestione d’atmosfera, ma anche luogo storico perché teatro di una delle battaglie più importanti nella storia norvegese. La mostra prosegue con gli allievi di Dahl: Tomas Fearnely e Peder Andersen Balke.
Temi prediletti i fiordi e le insenature della costa settentrionale della Norvegia, raffigurazioni sempre svolte in termini drammatici e grandiosi. Nel Monte Stetind nella nebbia di Balke, si entra in una dimensione quasi onirica. Il paesaggio è spettacolare: la vetta emerge dal mare di nebbia in modo spettrale. L’artista pur raffigurando un luogo noto e riconoscibile, trasferisce la rappresentazione su di un piano simbolico, esplorando tematiche incentrate sulle potenti forze della natura che incombono sull’uomo. La svolta della pittura norvegese, avvenuta intorno alla metà del secolo, è testimoniata dalle vaste composizioni di Hans Gude come Monti norvegesi all’alba, che rivelano la bellezza e la maestosità della natura. La generazione dei realisti è documentata da artisti come Kitti Lange Kielland che influenzati prima da Courbet e poi dall’Impressionismo, cominciarono a dipingere en plein air. Parigi sarà determinante anche per la formazione del giovane Munch. Nell’ultimo ventennio del secolo Parigi diventa il centro principale per la formazione dei pittori norvegesi. Fino ad allora la Norvegia aveva subito l’influenza dell’estetica tedesca. Fu così che Munch, partito per il suo primo viaggio nel 1885, ventiduenne, entrò in contatto con l’arte francese e con lo spirito simbolista, tanto che la sua nevrosi entrò in collisione con l’angoscia culturale veicolata dal simbolismo. La mostra si conclude con la sezione che testimonia quella nuova sensibilità definibile neoromantica.
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Cinzia Simoni
mostra vista il 26 ottobre 2001
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