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fino al 13.IV.2009 | Giorgio Morandi | Bologna, Mambo

di - 27 Febbraio 2009

Nella stanza c’era poca roba, lo stretto necessario per vivere e lavorare. Una specie di disordine metodico definiva lo spazio, pochi metri quadri di caos e disciplina, tra angoli nudi, cumuli d’oggetti e polverosa quiete. Una brandina, un vecchio scrittorio, un tavolo da disegno, una libreria, un cavalletto e poi lunghe file di utensili sopra gli scaffali. Vasi, bottiglie, caraffe, recipienti riverniciati: gli stessi che, via via, avrebbero trovato posto sulla consolle a tre piani apparecchiata con cura prima di ogni nuovo quadro.
Le giornate di Giorgio Morandi (Bologna, 1890-1964) si svolgevano entro il perimetro di quell’atelier, illuminato da un’unica finestra che dava su un cortile di via Fondazza, nel centro di Bologna. A raccontare quel posto sono stati in molti, attraverso immagini o parole. Tra questi Jean-Michel Folon, che in una serie d’intense fotografie fissò l’emozione della sua prima visita allo studio. Così scriveva, sul filo dei ricordi: “Tutte le pitture, tutti i colori, tutti i fiori sembravano risvegliarsi. Una penombra infinitamente nostalgica era appena scomparsa. Un luogo di creazione ci appariva”. Quel giorno d’inverno del 1979, Folon immaginò di aver rubato un po’ di luce a Morandi: “Quella luce non mi appartiene. È la sua. E io dovevo restituirgliela”.
La strepitosa antologica organizzata dal Mambo di Bologna prova a fare qualcosa di simile: costruendo, grazie alla cura di Renato Miracco e Maria Cristina Bandera, un percorso ragionato attraverso le tappe più importanti della carriera del maestro, la mostra immerge lo spettatore in quella stessa, inafferrabile dimensione luminosa. Terrena e spirituale, concreta e insieme lirica, è una luce che talvolta esclude l’ombra – quasi che i soggetti fossero pure presenze ideali -, tal altra la distende appena, conferendo forza strutturale ai chiaroscuri.

I grigi, i verdi tenui, i bianchi lattiginosi, i rosa cipria, i sabbia tiepidi, i cerulei: le tinte sono intrise di un fulgore impalpabile, che vivifica le umili cose ritratte, collocandole al contempo in un’aura sospesa. Immobili, scolpiti nella pasta atmosferica del colore, gli oggetti qualunque di Morandi escludono il gioco della narrazione, la banalità del “carattere”, l’equivoco della cronaca. Nobilissimi, quasi ieratici, riposano nel solco intimo e breve di uno spazio-tempo quotidiano: spazio proiettato sulla superficie immateriale dell’idea, tempo mediato da un sentire universale.
L’efficace allestimento raggruppa oli, acquerelli, disegni e acqueforti in cinque sezioni tematiche, sviluppate lungo un asse cronologico. Si susseguono così decine di nature morte, un paio di ritratti, alcune vedute agresti. Si tratta di vere e proprie architetture, un catalogo di strutture rigorose ed effimere con cui inseguire solidi equilibri. È sempre la stessa scena, o quasi: bottiglie come obelischi, vasi di fiori come frammenti di corpo, paesaggi come porzioni di mondo. Frontalità del soggetto, reiterazione del tema, minime differenze costruttive da cui derivano radicali interpretazioni dello spazio.

L’arte sublime di Morandi, che tanto deve alla lezione di Cézanne, è tutta in questa continuità meditata, contemplativa, votata a una compenetrazione commossa col reale. Una pittura straordinariamente moderna, raccolta nel silenzio di un irripetibile altrove.

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dal 22 gennaio al 13 aprile 2009
Giorgio Morandi – 1890-1964
a cura di Maria Cristina Bandera, Renato Miracco
MAMBo – Museo d’Arte Moderna di Bologna
Via Don Minzoni, 14 (zona piazza dei Martiri) – 40121 Bologna
Orario: da martedĂŹ a domenica ore 10-18; giovedĂŹ ore 10-22
Ingresso: intero € 6; ridotto € 4
Catalogo Skira
Info: tel. +39 0516496611; fax +39 0516496600; info@mambo-bologna.org; www.mambo-bologna.org


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