La restituzione del castello ai suoi cittadini andava celebrata con un evento degno dello sforzo dell’antica casata estense. La mostra Une Renaissance singulière – La cour des Este à Ferrare da poco conclusasi a Bruxelles si sposta così nella sua sede naturale, in quel luogo che ha visto prosperare quella signoria padana la cui magnificenza incantò l’Europa intera.
“Il Castello per la città”, prima tranche espositiva è costituita dagli apparati didattici. La storia della dinastia così esaurientemente descritta in queste sale pare rispecchiarsi nelle stratificazioni dell’edificio stesso.Da Niccolò III (1383) sino alla devoluzione allo stato pontificio che sancisce la fine del ducato (1598), gli Este hanno modellato di generazione in generazione la storia di quest’edificio. L’occhio si muove dai pannelli informativi all’architettura del castello, in un dialogo che è ben sintetizzato dalla visione d’insieme che ne offre il grande plastico.
Visitate le prigioni, saliti al piano nobile, si può compiere lo stesso raffronto fra realtà e rappresentazione con identico movimento cervicale. Grandi specchi riflettono gli affreschi del Salone dei Giochi offrendoci la possibilità di ammirarli come ne fossimo all’interno, quasi ne facessimo parte.
Concluso questo percorso si giunge al cuore della mostra, “Este-Una corte per il Rinascimento”. L’obiettivo dei curatori è stato quello di ricomporre le collezioni ducali, nel tentativo di restituire un’immagine il più possibile completa dell’universo dei signori di Ferrara. Tutto quanto è scaturito dal loro mecenatismo è messo in risalto con scrupolo filologico. Si possono così ammirare tele, avori, incunaboli, cinquecentine, piatti, i famosi tarocchi e tanti altri capolavori, per la verità ottimamente selezionati (Cosmè Tura su tutti, ed una menzione speciale per il ritratto di Laura Dianti di Tiziano del 1523-28, capace di regalare intense emozioni).
Se si opta per il silenzio in merito alle scelte cromatiche dell’allestimento (un inconsueto ocra shocking), impossibile invece tacere sull’assurda volontà di soffocare la quadreria con la costruzione di “infilata” di ambienti angusti, soffocanti, arbitrariamente concepiti, indipendenti dall’architettura della sale in cui sono situati. Nei giorni festivi sono un imbuto dove il pubblico si stipa fiaccato dopo più di un’ora di visita.
Le sorprese nel viaggio in questo “rinascimento singolare” non sono ancora concluse. Un piccolo corridoio conduce nella terza ed ultima zona espositiva: “Il camerino di Alabastro, Antonio Lombardo e la scultura all’antica”. E’ la ricostruzione di un ambiente probabilmente situato nella cosiddetta via coperta, un corridoio sospeso che univa il castello agli edifici circostanti. I bassorilievi incantano con il loro nitore, con la loro “serena” classicità come per sottolineare una volta ancora la policentricità della cultura rinascimentale, la quale ha avuto culla tanto al di qua che al di là dell’Appennino.Antonio Lombardo, l’autore che li scolpì attorno al 1517, lega in eterno la corte estense alla grandezza della Roma augustea.
Fra il XV e il XVI secolo la luce dei pittori e dei poeti di corte (Ariosto per citarne il più famoso) ha saputo creare ed esportare modelli incorrotti, tanto da far parlare il Burckhardt di “prima città moderna d’Europa”. Ma la casata d’Este, spirito di tanti secoli di vita ferrarese vive anche in quella campagna plasmata dalle prime bonifiche, impiantata o forse impantanata sull’ultimo tratto del corso del Po, lungo quei filari tracciati dal lento e immutato lavoro del contadino.
stefano questioli
mostra visitata il 3 aprile 2004
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