Ed eccola, l’acqua, nella grande installazione che guarda
chi guarda, all’ingresso della galleria: una vasca in ferro, come abbeveratoio
d’immagini, che ospita un vetro trasparente e il disegno di un archetipo
universale: il cerchio. Il gioco continua e, per effetto di una fonte luminosa
che scende dall’alto, una bianca parete frontale restituisce il riflesso, il
movimento dell’acqua attraversato dalla luce: ombre, conoscenza illusoria di
platoniana memoria. Ancora l’acqua, di cui si ode solo il gorgoglio e pare
quello di un ruscello, nascosto dietro l’opera; sullo sfondo nero, un quadrato
di cera ha un segno veloce, sintesi estrema dell’organo genitale femminile,
l’autore la intitola.
Vibrazione del pensiero, eco di ricordi svaniti, che
ritroviamo più volte nel percorso. A reclamare il ruolo di protagonista, dietro
un quadrato di vetro trasparente, c’è di nuovo il tracciato di un cerchio. È su
tela encaustica, contornato da un alone giallo, come un Sole che svanisce. In
basso, una scritta in nero è lì a sottolineare il contenuto intellettuale
dell’opera; sono le parole di Emily Dickinson, autrice cara all’artista: “Se
tutti i sensi avessimo, ma forse è meglio non averli. Con essi è più facile
rasentare la pazzia”. E la calligrafia dell’autore,
dall’andamento acuto, è forse il solo elemento a rivelare, nel contesto, un
poco di aggressività.
Ancora il cerchio, in un’altra opera fra le dieci opere
più grandi della mostra bolognese, una intersezione di grafite e di colore
verde. Da un lato, strisce di lino, tela usata per il dipinto, poggiate su una
piccola balaustra, ripiegate su se stesse, simboliche presenze di contenuti del
passato, brandelli di un sudario della storia e, forse, anche tracce di futuro.
Divengono carattere distintivo, più volte presente, nel lavoro di questo autore
allievo di Toti Scialoja.
Un’opera ancora, dove il cerchio lascia il posto a una
forma ellittica che pare lontana: espressività, ricerca di equilibri, verità e,
ancora, le parole della Dickinson: “Dì tutta la verità, ma dilla obliqua, il
successo è nel cerchio”.
Sono lavori studiati, quelli di Botta, ricercati. In
mostra ce ne sono anche una decina di piccole dimensioni, lavorati con le mani,
attraversati dal tema del cerchio, dal quadrato fatto di cera, o di fumo. Un
lavoro concettuale che si materializza, si offre come dato, quando, dietro un
vetro Nerofumo,
arde una piccola luce, come un fuoco fatuo, o devozione a Penati di un tempo
passato. Un piccolo altare dell’arte contemporanea.
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dal 2 ottobre al 13 novembre 2010
Gregorio
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Galleria
Studio G7
Via Val
d’Aposa, 4a (centro storico) – 40123 Bologna
Orario: da
martedì a sabato ore 15.30-19.30; mattina, lunedì e festivi su appuntamento
Ingresso
libero
Catalogo
Baldini Castoldi Dalai
Info: tel. +39 0512960371; info@galleriastudiog7.it; www.galleriastudiog7.it
[exibart]
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