Già il titolo racchiude in sé la natura polisemica dell’evento e lascia al visitatore la discrezione di intenderlo a suo piacimento:
Oki come il medicinale, come una sigla di attrezzature informatiche, come una divinità orientale. Alla galleria Car Projects è così presentato, per la sua prima personale, il lavoro di
Luca Bolognesi (Ferrara, 1978; vive a Milano e Londra) attraverso vari esempi di metodologie adottate dal giovane artista.
Al piano terra, l’installazione che introduce al percorso espositivo comprende la visione simultanea e incrociata di due
Smilers, esempi distinti di un’unica operazione, che consiste nell’indagare i limiti della fisicità umana. Gli attori del video posano apparentemente immobili di fronte alla telecamera, ma la loro passività sorridente s’incrina col passare del tempo. E la loro espressione facciale si trasforma in ghigno misto al dolore dell’impegno fisico a mantenere il contegno iniziale.
La prova a cui sono sottoposti i protagonisti “sorridenti” si trasforma in crudeltà nei confronti del
Pinocchio del piano interrato. D’effetto anche l’allestimento del video che, dall’antro buio della ghiacciaia, mostra il personaggio di Collodi nell’atto di dimenarsi contro lo schermo, in un tentativo di emancipazione che ha dell’ironico. Se da una parte la versione tragica del povero burattino, buono nell’animo ma cattivo nei fatti, colpisce per l’intensità con la quale tenta disperatamente di liberarsi del proprio naso allungato – e quindi del simbolo della colpa stessa -, dall’altra quella stessa insistenza caparbia, che lo porta a sfracellarsi, rivelando la sua natura artificiale e inanimata, ridicolizza il gesto drammatico e rivela la parodia di fondo.
La parte finale della mostra propone tre grandi immagini fotografiche tratte da un ciclo di sedici intitolato
Team, derivante da un precedente lavoro, che ha in comune con quest’ultimo la sottile operazione strategica che ne sta all’origine. Nell’era di Internet, infatti, persone e immagini viaggiano sulle piattaforme virtuali della rete, spesso in maniera inconsapevole. L’invadenza della fotografia digitale, con la sua velocità di trasmissione, rende tutti partecipi del sistema e protagonisti visivi, facendo diventare l’individuo immagine usufruibile da chiunque nel tempo e nello spazio.
Bolognesi trae allora i volti dei suoi soggetti dagli archivi dei siti web aziendali e li rende opera attraverso la minima dislocazione di una porzione dell’immagine. Ritorna così il tema iniziale del sorriso che si trasfigura in smorfia: il piccolo slittamento della parte inferiore della bocca accomuna e standardizza tutti i volti, che si trasformano in tanti pupazzi di ventriloqui dalla mandibola mobile.