Enigmatica,
carismatica, anticonformista. Moana Pozzi, mirabile diva oltre che porno-diva
sui
generis dalla
spiccata personalità, che ha cambiato l’etica e il costume del paese divenendo
– a quindici anni dalla sua scomparsa – un’icona dell’immaginario culturale ed
erotico collettivo, è ritratta, in tutta la sua maestosa femminilità e fulgida
bellezza, dal fotografo cinematografico
Gianfranco Salis (Roma, 1949).
La Galleria
Contemporary Concept di Bologna ospita
Moana – Casta Diva, la prima mostra fotografica di
carattere puramente artistico e priva di intenti scandalistici dedicata
all’attrice genovese, c
he si avvale della consulenza tecnica del fotografo
Clinio
Giorgio Biavati. Ventidue
scatti a figura intera, di cui quindici inediti, realizzati in tre diverse
sedute tra il 1988 e il 1990, costituiscono la retrospettiva su Moana, che
mette in luce la felina eleganza e la bucolica disinvoltura della diva nel
posare nuda di fronte all’obiettivo. La nivea pelle che irradia una luce
abbagliante e le curve morbide e sinuose, scoperte o avvolte in preziosi abiti da
sera in stile vamp anni ’40, vengono esaltate dal sapiente sguardo creativo di
Gianfranco Salis.
Particolarmente
magnetici, tra le foto glamour esposte, i ritratti che immortalano Moana
avvolta in un conturbante abito purpureo, nell’intento di cogliere, in un unico
fotogramma, l’essenza di un personaggio indubbiamente affascinante quanto
controverso, oltrepassando la mera celebrazione estetica del corpo, in una
peculiare alchimia tra soggetto e oggetto dell’indagine artistica. Singolare la
tecnica adottata da Salis, già fotografo di scena sul set di film d’autore come
Amarcord” e
I
clown di
Federico
Fellini, che, nel
corso della sua carriera, ha immortalato star del cinema del calibro di Marisa
Berenson, Sofia Loren e Margaux Hemingway.
Sulla
base di stampe in bianco e nero,
l’artista sovrappone sfondi e colori neon e
shocking per un risultato tra l’effetto pittorico e l’iperrealismo della rivista
patinata. Inquetante il fil rouge dei ritratti fotografici: la chioma canuta
invece che platinata di Moana, probabilmente per simboleggiare l’eternità del
mito. Magnetico e indimenticabile il sorriso della Moana “casta diva”, definito
da Tinto Brass “
enigmatico, sornione, quasi da Monnalisa”. Il regista la ricorda – nel
libro curato da Valerio Dehò, che riporta le testimonianze di amici come Eva
Robin’s o Susy Blady – come “
portatrice di una sessualità pagana e libera”, epigone di una sessualità
solare e, appunto, libera dai condizionamenti sociali.
“
La
pornografia è la concretizzazione delle fantasie sessuali e quindi è popolare;
l’erotismo è ipocrita e borghese”, affermava la diva nel suo celebre libro
La filosofia
di Moana. A tal
proposito particolarmente esemplare è la dichiarazione di Roberto D’Agostino,
che l’ha definita “
un’intellettuale del porno”. Ma il ricordo più bello della
diva è fornito da Achille Bonito Oliva: “
Consumare la vita, bruciarla, c’è
qualcosa che somiglia alla pratica artistica in questo modo di vivere di Moana”.