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Alla galleria Neon, dove la mostra inaugura il 1 dicembre, giornata dedicata alla lotta all’AIDS, una serie di facili rebus, intercalati da figure vere appartenenti alle realtà sociali “impegnate” e/o “trasgressive” della città, compongono un happening discorsivo e allegro, l’atto artistico s’insinua nello spazio deputato all’arte, lo rimodella e defluisce nello spazio pubblico: Tadej Pogacar lavora col margine, l’emarginato e lo ricolloca al centro, nel sistema, negando la distinzione, ovvero la certezza arrogante della stessa. Marko Peljhan s’inserisce nel filone riguardante la “sorveglianza” il controllo delle persone attraverso apparati tecnologici di matrice militare e superpotenti, a scopo di semplice e programmatica difesa (come recitano i manifestini), il progetto, che ha naturalmente coinvolto un nutrito staff di tecnici, s’intitola Project Macrolab 1997-2000. Su problematiche simili lavora Miha Strukelj, che, attraverso l’imperfezione calda e manuale della pittura, imita pixel ingranditi e il verde/nero colore d’una telecamera a infrarossi o d’un radar, che osserva impassibile la notte metropolitana.E’ lo spettatore ad essere ripreso (in circuito chiuso) in Terror-Decor (light box) di Ziga Kariz, mentre osserva il fuoco in digitale d’una bomba esplosa in un attentato. Mentre lo spettatore potrebbe intervenire nella scrittura delle frasi dell’installazione sottilmente concettuale di Tobias Putrih, Lost Cinema.
La mostra prosegue a Villa Serena con la sezione video, attraverso l’indagine iperealistica e straniante dell’epidermide del corpo umano di Darij Kreuh o l’immersione nel vivente animale, in metamorfosi o sparizione di Damjan Kracina, in entrambi l’osservazione ravvicinata dota il reale e il quotidiano di note surreali ed inedite. Damian Tomazin crea col computer forme artificiali che popolano pseudodocumentari in una ricreazione virtuale del mondo. Al filone della ripresa, registrazione lenta, del reale invece si rifanno Gorazd Krnc e Saso Vrabic, visto per quest’ultimo non più per mezzo dell’occhio naturale, ma attraverso la restituzione manipolata dell’occhio meccanico. Da ultimo i Crash in progress con Crash, riprendono col loro video, più che il “rompersi” degli arti umani dolorosamente erotico del noto film, il mondo del videogioco alla Viktor Pelevin in un rovesciamento assurdo del reale, divenuto comicamente l’anestetico mondo del virtuale.
Note comuni degli artisti? Una, importantissima, mi pare, l’ironia. La capacità di osservare il reale in modo disincantato, la volontà di non prescindervi, ma di costruirvi sopra una ipotesi diversa o quantomeno critica. E’ un’arte che non dialoga –introflessa- con sé stessa, ma si apre al mondo e non solo, naturalmente, laddove presenta progetti che programmaticamente intervengano sul sociale. L’uso duttile delle nuove tecnologie al servizio del pensiero e della critica, dimostrano, in tempi quanto mai abusati nel loro uso disimpegnato e rarefatto, una possibilità altra, alternativa, personale, vincolata, finalmente, ad un ineliminabile punto di vista.
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Padiglione Sloveno alla Biennale
Carmen Lorenzetti
“Slovene Way”
Dal 1-12-2001 al 14-12-2001.
Bologna, Galleria NEON, via dei Bersaglieri
Ingresso: gratuito.
Orari: dalle 17.00 alle 19.30. Chiuso martedì (è consigliabile telefonare); catalogo a cura di Aurora Fonda .
Tel: 051-264008 Fax: 051-6562907 E–mail: gallerianeon@iperbole.bologna.it
[exibart]
E’ un errore o dura solo 13 gg.? Neppure 2 settimane? Ma che mostra è?