Come instaurare in arte un rapporto dialettico tra dimensione onirica e quotidianità?
Aldo Giannotti (Genova, 1977; vive a Vienna) propone l’utilizzo di travestimenti bizzarri con cui destabilizzare i delicati equilibri che regolano la vita di tutti i giorni. Già in occasione della sua prima personale bolognese, indossava i panni dell’astronauta al fine di ri-visitare da “alieno” luoghi turistici come Venezia, Firenze e la campagna toscana (
A rewinding journey, 2005) oppure per inscenare e deridere gli Health & Fitness Tv Show (
Live on Mars, 2005).
A distanza di un anno eccolo invece, nel video
A Love Story (2007), cimentarsi in un altro suo tipico travestimento, quello da carabiniere. Così mascherato, e in compagnia dell’artista
Stefano Giurati, Giannotti compie un viaggio in Belgio, in una nazione che non può riconoscere la sua divisa d’ordinanza in quanto tale. In tale contesto, l’inevitabile assenza di comunicazione con il mondo esterno sfocia in una relazione, a tratti simil-amorosa, fra i due artisti. Una relazione resa ancor più ambigua dall’avere come protagonisti due rappresentanti delle forze dell’ordine.
Su tutt’altri registri si colloca l’opera
Few Steps Towards Redemption, in cui quindici scatti fotografici documentano la trasformazione dell’artista in uno pseudo-Santo. Felpa e t-shirt disegnano una tunica bianco-azzurra e la ruota panoramica del Prater viennese viene assunta come aureola. L’opera invita a “
una redenzione e una liberazione do it yourself, che passa attraverso l’ironica strumentalizzazione di quelli che sono gli oggetti ordinari e i simboli che appartengono alla vita dell’artista”.
Insomma, i travestimenti assunti da Giannotti sono numerosi e
Self portrait with black telephone sembra rappresentarne l’esempio ultimo. Qui infatti è l’osservatore stesso a indossare i panni dell’artista. Un telefono nero, recante un unico tasto con la scritta
mum, rende contemporaneamente possibili due operazioni: comunicare con la madre dell’artista e immedesimarsi nella figura del figlio.
Procedendo sempre più verso un linguaggio scarno e diretto si approda infine al video
Coffee bolognese, un’esilarante gag in cui Aldo Giannotti,
Markus Hofer e
Massimo Carozzi (già
ZimmerFrei) consumano del caffé seduti di fronte a una delle tante stazioncine spartitraffico disseminate per il centro storico bolognese, stazioncine mobili che si abbassano al passaggio degli autoveicoli. Per quanto improvvisata possa sembrare, la performance è quella che più di ogni altra stringe un rapporto indissolubile con il contesto urbano in oggetto. Pone la parola fine all’esposizione e la indirizza verso formule da public art.