“
Che si avverino i loro desideri, che possano crederci e che possano ridere delle loro passioni; infatti, ciò che chiamiamo passione in realtà non è energia spirituale, ma solo attrito tra l’animo e il mondo esterno”, si sentiva in
Stalker di
TarkovskijUn esubero di contaminazioni e collisioni lacerano i mondi di
Marco Bolognesi (Bologna 1974): “
Cerco solo un’idea di bellezza assoluta, oltre i limiti di ciò che viene considerato lecito”. Sul bivio tra naturale e artificiale, l’artista percorre sentieri infestati e manifestati senza economia di mezzi: fotografia, cinema, moda, fumetto, pittura, video.
L’ispirazione segue diversi riferimenti letterari: l’immaginario di Edgar Allan Poe, il cyberpunk di William Gibson e Bruce Sterling, lo spazio nazi-futurista di Philip Dick, la soft machine di William Burroughs. Non trascura il cinema: il mondo iper-tecnologico di
Blade Runner e
Matrix, il body horror di
Cronenberg, la visionarietà di
Greenaway. Apprezza
Elektra, il fumetto di
Bill Sienkiewicz. Innesta e venera giocattoli fetish. Guarda
Jeff Koons e
Matthew Barney,
Paul McCarthy e
Orlan, forse anche
Matteo Basilè.
Un buco nero, accecante, un background sovraffollato. Una cover di icone accavallate, spesso kitsch. Un universo stratificato che tenta, attraverso un inseguimento artistico ossessivo, di disgregare i limiti degli spazi a cui s’ispira, e di varcare la soglia, in cerca di una stanza tutta per sé. “
All’interno di quell’era postumana caratterizzata dalla ricostituzione dell’io”, come scriveva Jeffrey Deitch. L
asciarsi guidare dagli indizi, avvicinandosi con cautela all’efflorescenza di espressioni è forse la strada per non tornare indietro a mani vuote. O a occhi zippati.
Dark Star è titolo dell’evento e del volume ispirato all’omonimo film di John Carpenter. In mostra,
Black Hole, uno short film fantascientifico, e
Genesis, un’installazione di fotografie luminose intorno a una stele irrigata. Creazione e mutazione costituiscono il tema dell’esposizione. Protagonista del cortometraggio è il computer di bordo di un’astronave, vascello che conduce i propri ospiti verso il buco nero. Guida tecnologica che impartisce ordini e ingloba i membri dell’equipaggio, mutandoli e assimilandoli in una razza superiore.
Nei lightbox, assemblati come crocifissioni, appaiono altrettante visioni artificiali. Ibridi tra soggetti (donne blu-
Kline) e oggetti (armi, protesi, feticci). Figure accuratamente svestite, adornate, colorate, potenziate, incoronate, inargentate, fotografate, sezionate e alienate. L’artista è il sistema operativo, il supervisore meticoloso che abilita, controlla, rende eterne le sue icone e le ospita nell’universo.
Per citare i Joy Division: “
I could live a little there / In the midst of the light / When the darkness closed in / I could have broke down and cried / I could live a little / In the white of light / When the change is gone / When the caring ‘s gone / To lose control.