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15
giugno 2010
fino al 15.VII.2010 Phillip Allen / Roger Kelly Bologna, Fabio Tiboni
bologna
Lo studio di un medium antichissimo e delle sue infinite potenzialità espressive. Disegno, colore e composizione: sono gli elementi fondanti di un vocabolario in bilico tra figurazione e astrazione...
Incorniciati
da spessi addensamenti di colore a olio, i lavori di Phillip Allen (Londra, 1967) ritraggono mondi surreali popolati
da forme organiche in costante movimento. Le superfici irregolari dell’Art Brut
di Jean Dubuffet, le morbide
scomposizioni prospettiche del cubismo orfico di Frantisek Kupka e le inconsistenti trame geometriche del cubismo analitico
di Robert Delaunay convivono
all’interno delle sue opere insieme ad altri numerosi riferimenti alla
tradizione del Modernismo europeo.
Con le sue dense atmosfere popolate da esseri primordiali senza
peso e senza ombra, Allen dà vita a un vocabolario di forme morbide e di
lineari geometrie; costruisce uno spazio altro in cui sostanze dense come la
pittura si spandono fluttuando in spirali di colore dove, da luminosi
epicentri, sfere e spicchi si allontanano in vortici temporaleschi. Con ironia
e sarcasmo l’artista inglese reinterpreta errori e contraddizioni della
tradizione figurativa occidentale, rilevandone punti di continuità e di
frattura, dando vita a tele come Scholarly glass jaw (Inherited wealth
version) o Scholarly
glass jaw (Undisciplined tongue version).
Altrettanto
legato alla pittura del XX secolo, Roger Kelly (Nottingham, 1973; vive a Londra) analizza e
sovverte attraverso la sua ricerca il concetto stesso di spazialità. Partendo
da frammenti d’immagini selezionati dalle fonti più differenti (dalle
fotografie documentarie di disastri naturali alle opulente vedute d’interni di
lussuosi palazzi bavaresi), il britannico taglia, riduce, ingrandisce,
riproduce e colora.
La
manipolazione e la ricomposizione delle parti scelte dà vita a tele di grandi
dimensioni dove un “razionalizzato” disordine permette la creazione di pattern
geometrici modulati su una gamma tonale di sei gradi per ogni singolo colore
utilizzato (dall’oscurità alla luce). In opere come Terraform o Shroud la funzione strutturale del cromatismo e l’attenta selezione dei
frammenti visivi da utilizzare (magari ripetutamente) rivelano la componente
fortemente processuale della sua produzione artistica.
Quelli
di Roger Kelly sono collage giganteschi, affreschi decorativi che smembrano
significati e letture per ricostruirne di nuovi, stabilendo – a seconda del
soggetto – contrappunti o assonanze con gli archetipi che li hanno generati.
Entrambi
fortemente legati alla tradizione del “fare” pittorico, allo studio delle sue
tecniche e alla loro libera applicazione, Phillip Allen e Roger Kelly si
allontanano sia dall’astrazione che dalla figurazione per proporre nuovi
modelli interpretativi. Mettendo in discussione forme ormai consolidate di
lettura.
da spessi addensamenti di colore a olio, i lavori di Phillip Allen (Londra, 1967) ritraggono mondi surreali popolati
da forme organiche in costante movimento. Le superfici irregolari dell’Art Brut
di Jean Dubuffet, le morbide
scomposizioni prospettiche del cubismo orfico di Frantisek Kupka e le inconsistenti trame geometriche del cubismo analitico
di Robert Delaunay convivono
all’interno delle sue opere insieme ad altri numerosi riferimenti alla
tradizione del Modernismo europeo.
Con le sue dense atmosfere popolate da esseri primordiali senza
peso e senza ombra, Allen dà vita a un vocabolario di forme morbide e di
lineari geometrie; costruisce uno spazio altro in cui sostanze dense come la
pittura si spandono fluttuando in spirali di colore dove, da luminosi
epicentri, sfere e spicchi si allontanano in vortici temporaleschi. Con ironia
e sarcasmo l’artista inglese reinterpreta errori e contraddizioni della
tradizione figurativa occidentale, rilevandone punti di continuità e di
frattura, dando vita a tele come Scholarly glass jaw (Inherited wealth
version) o Scholarly
glass jaw (Undisciplined tongue version).
Altrettanto
legato alla pittura del XX secolo, Roger Kelly (Nottingham, 1973; vive a Londra) analizza e
sovverte attraverso la sua ricerca il concetto stesso di spazialità. Partendo
da frammenti d’immagini selezionati dalle fonti più differenti (dalle
fotografie documentarie di disastri naturali alle opulente vedute d’interni di
lussuosi palazzi bavaresi), il britannico taglia, riduce, ingrandisce,
riproduce e colora.
La
manipolazione e la ricomposizione delle parti scelte dà vita a tele di grandi
dimensioni dove un “razionalizzato” disordine permette la creazione di pattern
geometrici modulati su una gamma tonale di sei gradi per ogni singolo colore
utilizzato (dall’oscurità alla luce). In opere come Terraform o Shroud la funzione strutturale del cromatismo e l’attenta selezione dei
frammenti visivi da utilizzare (magari ripetutamente) rivelano la componente
fortemente processuale della sua produzione artistica.
Quelli
di Roger Kelly sono collage giganteschi, affreschi decorativi che smembrano
significati e letture per ricostruirne di nuovi, stabilendo – a seconda del
soggetto – contrappunti o assonanze con gli archetipi che li hanno generati.
Entrambi
fortemente legati alla tradizione del “fare” pittorico, allo studio delle sue
tecniche e alla loro libera applicazione, Phillip Allen e Roger Kelly si
allontanano sia dall’astrazione che dalla figurazione per proporre nuovi
modelli interpretativi. Mettendo in discussione forme ormai consolidate di
lettura.
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a MiArt 2003
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Allen
e Kelly in collettiva da Tiboni
giulia pezzoli
mostra visitata il 28 maggio 2010
dal 29 aprile al 15 luglio 2010
Phillip Allen / Roger
Kelly
Fabio
Tiboni Arte Contemporanea
Via del Porto, 50 (zona Mambo) – 40122
Bologna
Orario: da mercoledì a venerdì ore
14-20; sabato ore 10.30-20
Ingresso libero
Catalogo con testo di
Martin Holman
Info:
tel./fax +39 0516494586; info@fabiotiboni.it; www.fabiotiboni.it
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