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Fino al 15.XI.2001 | Sergio Romiti. Opere dal 1949 al 1999 | Bologna, GAM

di - 9 Novembre 2001

Pare di assistere al flusso ininterrotto di un discorso, che fascia le pareti della galleria in un continuum coerente, che si sviluppa con impercettibili e sensibilissime variazioni cromatico formali. Si viene catturati dall’equilibrio e dall’eleganza dei quadri, di cui, solo con una pazienza cui non si è più abituati, si riescono a carpire taluni segreti che una vita intera ha cercato di svelare. I segreti appartengono interamente al fare della pittura, al suo crescere in equilibrio tra le forme della mente e quelle della realtà: in questo continuo incrocio o forse tentativo appassionato di riequilibrio si trova la “fatica” e la sfida di Romiti.
Inizia a dipingere alla fine degli anni ’40 seguendo in modo personale il neopicassismo dell’epoca, attraverso una pittura di oggetti colti da un quotidiano scarnificato e ridotto all’osso. Dagli anni ’50 il colore si fa soffice e raffinato, fino ad assumere la funzione dominante, privando di consistenza lineare i contorni, approdando alla sua condensazione o rarefazione, capace di suggerire più che forme, fantasmi, apparenza di esistenza o loro suggerimento metonimico e aereo. Negli anni ’70 cominciano ad apparire letteralmente strisce a banda larga di colore, che suddividono in campi monocromatici la composizione lasciando suggestioni lontane di pulsazioni esistenziali in apparenze di marginale grandezza di cromatismi vivaci. Il nero e il bianco, l’assenza di forme, o la loro negazione, e la luce, possibilità di svelamento, paiono costituire o voler presagire una finestra (come in alcuni titoli tardi di Romiti) sulla realtà o sulla sua conoscenza. Il bianco e nero è anche il binomio di cui sono costituiti i film prima dell’avvento del colore e la scelta del bicolore, poi quasi assoluta, non è casuale; il pittore, infatti, ad un certo punto si trova ad analizzare il sistema della camera oscura e la pellicola, sia fotografica, sia soprattutto filmica, la studia nella sua componente elementare, quasi materica. Nelle composizioni dei bianchi e neri degli anni ’70 si riflettono le pellicole dei film (come aveva scritto C. Brandi), la loro consistenza trasparente e la loro possibilità di narrazione, là impressa con gli acidi, in Romiti col fare della pittura, sempre allora, seppur metaforicamente, mimetica della realtà noumenica.
Negli anni ’80, l’ultima stagione, gli incardinati campi e gli orditi luminosi si sfaldano e, seppure con elettissima scelta cromatica, le pennellate si sovrappongono e si liberano, i colori ritornano e le spatolate, anche se soprattutto in griglia regolare, riprendono il sopravvento.
I trentadue disegni, nudi come se lo scheletro dell’ordito del pensiero di Romiti si mettesse in mostra, hanno meno potere di coinvolgimento.

Link correlati
www.galleriadartemoderna.bo.it

Carmen Lorenzetti



“Sergio Romiti. Opere dal 1949 al 1999”
Dal 3 ottobre al 15 novembre 2001.
Bologna, Galleria d’Arte Moderna, Piazza Costituzione, 3.
Ingresso: intero, ÂŁ 8.000; ridotto, ÂŁ 4.000.
Orari: dalle 10 alle 18. Chiuso lunedì; catalogo a cura di Pier Giovanni Castagnoli in collaborazione con Guido Salvatori, Silvana Editoriale.
Tel: 051-502859 Fax: 051-371032 E–mail: ufficiostampaGAM@comune.bologna.it


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