Rivoluzione come evoluzione. Dalla meccanica celeste ai
meccanismi esistenziali della mente, il moto perpetuo costituisce il fulcro
della ricerca artistica intrapresa da
Umberto Ciceri (Legnano, Milano, 1961; vive a
Bologna) in
Revolutions.
Dall’universo fenomenico al mondo psichico, la rivoluzione
nella sua accezione di movimento compiuto dagli astri attorno al loro asse e di
“rivoluzione del sé” – riflessione interiore in incessante evoluzione – è
l’oggetto d’indagine dell’artista lombardo.
Le immagini sfocate, indefinite, nella loro
indeterminatezza e impalpabilità si stagliano in un contesto di sospensione
magica, rarefatta, quasi onirica. Ritratti dinamici, che esprimono la tensione
fra l’esigenza dell’uomo postmoderno di ritrovare punti di riferimento da cui
partire in un’ottica antropocentrica – che passa attraverso il concetto di
nietzschiana trasvalutazione dei valori e quindi di “relativismo costruttivo” –
e l’evoluzione esistenziale come naturale processo psichico in continuo
mutamento.
L’espressione dell’assoluta anti-staticità e la visione
totalizzante del movimento sono rese attraverso la “tecnica lenticolare”,
perfezionata da complessi studi scientifici nei campi della fisica quantistica
e della neurofisiologia. Gli innumerevoli fotogrammi del soggetto, che viene
in
primis filmato,
sono ricostruiti in un cangiante ordito di lenti microscopiche intessute in un
materiale resinato, esprimendo così l’essenza stessa, la chiave di volta che
sorregge l’opera di Ciceri. È l’interazione fra spettatore e opera. L’oggetto
prende infatti vita in relazione al movimento del fruitore.
Enigmatici i ritratti di un uomo e di una donna che,
assorti e meditabondi, girando un cucchiaino in un bicchier d’acqua, compiono
col braccio un movimento rotatorio. Ciceri attua una rivoluzione anche nel
concetto di natura morta, tradizionalmente statica, attraverso i quadri
denominati “
spin life”. Ritratti di frutta e pennelli dal prevalente cromatismo rossa-ocra,
che mutano posizione in base alla prospettiva assunta dall’osservatore.
Inquietanti le “
spin heads”, le teste-trottole in legno policromo che simboleggiano
l’incessante moto della mente.
Ma la celebrazione del dinamismo più puro è espressa con
la leggiadria delle “
magic spin”, le colorate e magnetiche figure delle ballerine che
compiono armoniose piroette girando su se stesse. “
Come un regista”, sottolinea l’artista, “
ho
inteso cogliere il movimento, l’azione che da meccanica diventa concettuale,
attraverso fotogrammi scelti, costringendo lo spettatore a un ruolo attivo e
non più di passiva contemplazione dell’opera”.
In un contesto totalmente armonico, l’osservatore diventa
dunque protagonista.