Lisa Kereszi (Chester, 1973; vive a New York) traduce in fotografia lo spazio del desiderio. Catturando con precisione aspetti della scena
burlesque, tornata in auge ultimamente con la procace
Dita Von Teese, ex moglie della rockstar Marilyn Manson e celebre per il suo bagno dentro a un flûte di champagne.
Sui muri bianchi della neonata galleria Metronom spiccano i colori accesi delle stripteaser della celebre fotografa, che alza il sipario su scene fuori orario nei sex club americani, dove donne apparentemente “normali” si spogliano senza tabù. Ci riporta alle nostre fantasie primordiali, le più ancestrali e proibite, quelle inespresse, fissando immagini ed eventi. Dietro ai lustrini e ai boa di struzzo, donne comuni e piuttosto corpulente ammiccano e si denudano senza remore, come entità femminili del tutto anonime, che rappresentano l’archetipo della fascinazione della sessualità del corpo femminile e del suo mistero.
Ma la lussuria si sposa anche allo squallore, nelle fotografie di Lisa Kereszi. I sex club, infatti, sono solo semplici luoghi, interni spesso vuoti e pacchiani, presentati primo o dopo gli spettacoli, con sedie accatastate fra tendoni e neon fucsia, desolati e privi di qualsiasi fascino o mistero. È la fantasia di chi guarda a trasformarli in spazi artificiali e magici, costruiti appositamente per solleticare l’immaginario, le fantasie estreme e non dichiarate.
Le spogliarelliste non certo perfette di Kereszi – tra le quali la nota
Dirty Martini, soggetto privilegiato dei suoi scatti -, regine del
burlesque e dei
go-go bar, decisamente in carne e molto vicine come stile feticista al modello
pin-up, si esibiscono nei loro camerini, fra stanze spoglie e confezioni di preservativi usati gettati in terra, interrogando lo spettatore sull’illusione della libido. Si mettono in posa, camminano sensuali sulle gambe piene e carnose, lussuriose e seducenti, genuine, vivaci e scanzonate come un inno al piacere. E sembrano pure divertirsi, in mezzo a una folla di uomini bramosi e talvolta anche di donne che le osservano rapite, in preda all’eccitazione.
Non sono quasi mai visibili interamente. A volte compaiono dall’ombra o si vedono da lontano, come se volessero nascondere una parte del corpo, per lasciarsi semplicemente immaginare. Con le visioni parziali dei corpi, la fotografa lascia così la giusta distanza alla brama, seducendo e distanziando lo spettatore al contempo. La sensualità si trasforma in candore, la trasgressione in gioco, la coniglietta dai seni abbondanti non ha più nulla della pornodiva ma diventa candida come la ragazza della porta accanto.
E se i temi prescelti da Kereszi non sono sicuramente originali, l’approccio decisamente lo è. Poiché mette alla ribalta ciò che di solito è nascosto o proibito, rende quotidiano e ordinario, per non dire familiare, lo sfavillare delle
paillette. E mostra l’illusione che sta dietro allo stesso mezzo fotografico. La possibilità, cioè, di rappresentare tutto ciò su cui le persone comuni proiettano i propri desideri segreti.