Con i lavori di Malena Mazza si conclude l’iniziativa “L’occhio di Ercole” che nel suo complesso ha portato a Palazzo d’Accursio più di sessantamila visitatori.
Il notevole successo di queste esposizioni ha tra le sue ragioni anche la grande varietà delle tematiche e degli stili fotografici proposti, che nell’arco delle dodici mostre hanno spaziato dalla fotografia sociale e documentaria a quella artistica, da quella d’avanguardia a quella classica, da quella storica a quella commerciale.
In quanto rassegna di fotografie di moda, realizzate per riviste o direttamente per committenti pubblicitari, “Vadimoda” s’inserisce specificatamente all’interno del genere commerciale e, in quanto tale, pone il problema del confine tra arte e non arte come questione primaria. Quando una pubblicità può essere così ben fatta da poter essere considerata una forma d’arte? Quante volte la stessa Moda è stata -o si è- proclamata forma d’arte? Se il confine tra arte e non arte è fatto risalire semplicemente a questioni di remuneratività immediata o a questioni meramente economiche in genere, si dimentica da un lato il problema affatto primario del valore dell’opera, e dall’altro il fatto che la stessa arte è un mestiere che necessita di mezzi economici per continuare a esistere.
Nulla di tutto questo è accennato ovviamente nelle opere esposte, che nel loro minimalismo estetico si limitano a ritrarre “Giovani Donne in Ambienti”: modelle esilissime, magrezza al limite del minimalismo, spesso posizionate in un secondo piano a fuoco che si staglia sulla sfocatura del primo piano. Il minimalismo estremo che contraddistingue questa esposizione è sottolineato anche dal particolare allestimento, che priva le opere di qualsiasi supporto su cui poggiarsi: l’autosufficienza di queste fotografie è enfatizzata all’eccesso dalla scelta di appoggiare a terra le opere, orizzontalmente o verticalmente, ma private in ogni caso della classica collocazione espositiva che le vorrebbe all’altezza dello sguardo.
La Moda di Malena Mazza è concentrata nell’attenzione per i dettagli: scarpe, colletti d’abiti, gioielli. E l’attenzione per questi particolari è giocata nel tripudio di colori delle riviste patinate e nei richiami ritmici che cromaticamente o eideticamente associano un elemento all’altro, per via esclusivamente plastica. In tutto ciò l’ambiente non è solo lo sfondo di una scena che in esso prende parte ma è vero attore in azione: potenziatore di figure e talvolta soggetto protagonista che viene esaltato da esseri umani che vi prendono parte, l’ambiente di queste fotografie è sempre un luogo mitico, mai pratico, mai reale. Tale ambiente mitico, come mitici i volti e le sagome che vi prendono parte, ritrae il mito della Moda stessa, quel quid di extra-ordinario che la rende un oggetto tanto misterioso quanto desiderato.
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Per saperne di più
www.bologna2000.it
Andrea Zannin
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